"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Dopo il sobbalzo che questo inaspettato suono, né mellifluo, né ostentato, semplicemente amico, mi ha fatto fare, ecco che mi ripiglio e noto, lì accanto, piccolina e sorridente, lei, la ragazza Rom che piantona regolarmente uno dei due stipiti del portale di Santa Maria delle Grazie, puntuale cascasse il mondo, ogni mattina, per la questua.
Nel mese di Agosto era tornata in Romania e, precisa come un impiegato della City alla fine delle ferie, eccola qui, sul finire delle tre settimane canoniche, pronta a ricominciare il suo lavoro.
Ogni mattina sarà di nuovo lì, in piedi, lato stipite, con la mano protesa.
Da tempo ormai, cioè da quando, dopo averla vista piantonare lo stipite con un volto alterato per un po’ troppo tempo, le ho chiesto se si sentiva bene e lei mi aveva confidato di avere appena perso un bambino (di anni allora non ne aveva 20), il nostro saluto quotidiano in cui io quasi mai le colmo la mano protesa - anzi non la protende nemmeno più, mi parla - è diventato un cordiale scambio di frasi molto simile al colloquio tra vecchie amiche, meglio: tra madre e figlia.
E ,devo ammetterlo, ad Agosto, lei e l’altro personaggio che piantona l’altro stipite, mi sono molto mancati.
Non solo perché Milano ad Agosto può essere un vero deserto e persino la mano protesa di un questuante ti dona un brivido di relazione umana, ti fa sentire meno solo al mondo, anche se quello al di qua del portamonete sei tu, ma perché, nell’arco proprio di tutto un anno pieno di corse, affari da sbrigare e cosiddette amicizie ’normali’, spesso la manina di una piccola Rom come la mia amica spinge a considerare la vita in maniera meno devastante di quanto - certo involontariamente - persino la tua famiglia ti spinga a farlo.
Adesso che mi ha raccontato il suo ‘segreto’ cioè l’aborto spontaneo e il nome del suo fidanzato, e dopo che io le ho invano ripetuto che deve cercarsi un lavoro e che sulla strada a far la questua non va bene per una quasi mamma come stava per diventare lei, adesso insomma siamo diventate amiche.
Lei era veramente contenta di rivedermi dopo le ‘ferie’ in Romania ed è venuta apposta a quell’angolo dove ero semiparalizzata col quotidiano aperto sotto il naso, mentre tutta la piazza era vuota e non c’era alcun bisogno di incrociarmi.
Ed io, io ero altrettanto contenta di rivedere questo faccino che alla sua età conosce e ha provato così tante cose che i nostri figli nemmeno si sognano.
Però, quando le ho chiesto della  sua famiglia, della Romania dove era appena stata per sapere se tutto era ok, una nube le è passata attraverso lo sguardo e così ci siamo incamminate verso il portale della basilica parlando di altro.
Ora una delle cose che più mi manca nella ‘trasferta’ che sto vivendo, è proprio il suo sorriso, la sua figuretta tutt’uno ormai con la pietra dell’ingresso della chiesa.
Ma appena torno a Milano, la rivedrò.
Magari un po’ più affumicata di smog di come era l’altra mattina, appena rientrata dalle ferie.
Ma anch’io - che invece le ferie è anni che non le faccio - non sarò molto più smagliante di lei, nonostante non eserciti la questua.
A volte, anzi, vorrei sorridere come fa lei.
Ecco qua. Tutto per dire che ho trovato l’energia per provare ancora a scrivere proprio dopo l’incontro con Maristel.
Maristel che si avvia solerte e coscienziosa a protendere la mano sul portale della chiesa è Maristel che mi ricorda che ognuno di noi ha degli obblighi nella vita.
Delle cose da portare avanti, siano come siano.
Così io provo a portare avanti un filo di pensiero.
Per me, per la Patrizia e per chi gli pare.
Nel ripigliare il filo, Monsignor Viganò con la sua dichiarazione di amore alla Chiesa, fatta scrivendo la lettera che ormai tutti conosciamo, mi ha spinto a ricordare una molto più tenue e banale dichiarazione dalla sottoscritta fatta e affidata all’ultima registrazione ‘from Africa’ …
Dopo ore di spiegazioni sull’essere, l’atto d’essere e la libertà, mi sono resa conto che - attorno a me - l’aria forse era totalmente cambiata …
Di cosa - mi son detta con senso di gelo - sto mai parlando?
Parlo di qualcosa che ancora qualcuno intende…o?
Mi sono sentita come di colpo sola, su un’isola deserta del Pacifico, a combattere una guerra che è ormai finita da anni, come quell’ultimo soldato giapponese che non aveva mai abbandonato la sua posizione nella giungla e a cui nessuno si era mai incaricato di dar notizia che la guerra, frattanto, era finita.
Io ho usato come riferimento di tutte le mie argomentazioni Veritatis Splendor, l’enciclica di Giovanni Paolo II che, ad oggi (almeno se vediamo ed intendiamo i discorsi di padri gesuiti come J. Martin al cosiddetto Raduno internazionale delle Famiglie di Dublino) pare completamente svanita da ogni riferimento teologico, antropologico e filosofico, sia pure sedicente cristiano.
Dal profondo della mia giungla, nell’attimo in cui, finito il corso, mi son sentita di essere rimasta quasi sola a ripetere certe cose, avevo registrato questo ‘proclama’, ammetto un po’ pieno di sconforto.
Ma Maristel - ne sono certa - le  cose che ci diciamo al mattino ne sono una prova, intende alla perfezione.

 

Fides et Ratio e fine II guerra mondiale