"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Nelle palazzine di Mosca
Irrompe d’impeto la primavera.
Svolazzano le tarme da dietro l’armadio
E strisciano sui cappelli estivi,
E si ripongono le pellicce nei bauli.

Nei mezzanini di legno
S’allineano vasi di fiori
Con violaciocche e viole,
E le stanze respirano libertà
E odorano di polvere le soffitte.
 
E si può udire nel corridoio
Ciò che succede nella vastità,
Di cosa Aprile discorra
Con la goccia in casuale colloquio.
Lui conosce a migliaia
Storie di pene umane,
E sugli steccati gelano le aurore
E seguitano a tirare lungo tutto questo.
 
E dappertutto l’aria non è più se stessa.
 
Perché mai piange lo spazio nella nebbia
E ha un odore amaro la terra?
Proprio in questo è la mia vocazione,
Che non immalinconiscano gli spazi,
Che al di là dei confini urbani
Non soffra in solitudine la terra.
 
Per questo, appena è primavera,
Con me s’incontrano gli amici,
E le nostre serate sono commiati,
I nostri festini ultime volontà
Perché la segreta corrente del dolore
Riscaldi il freddo dell’esistenza.
 
La terra, B. Pasternak
 
immagine: D.C. Turnley - Una famiglia di Gidzivka (Ucraina)