"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Dopo ben 10 anni, non essendo minimamente ancora passata la tempesta in cui sono stata personalmente travolta, ma venendo a mancare lui, la nostalgia di questo papa, prima ancora di questo innamorato della vita e , quindi di Dio, mi ha indotto a riprendere in mano le vecchie copie , mai gettate via , di quegli Osservatori Romani
un po’ ingiallite.
Mi ha commosso ritrovare le udienze generali del periodo di Avvento , in questo caso quella del 6 Dicembre 2012, in cui egli- da quanto emerso dalle dichiarazioni post mortem del suo segretario personale-aveva già preso la decisione di lasciare la gestione diretta del soglio pontificio .
Decisione che, a quanto veniamo a sapere ora, il papa aveva preso addirittura nel Luglio 2012.
Continuando ad elaborare il lutto per la sua dipartita e continuando ad avere bisogno immenso di un padre che mi accompagni mostrandomi il cammino, ho deciso di pubblicare questa udienza strappandola dalla carta ormai ingiallita e delabrée.
Come un po’ tutte la nostra vita.


ABBANDONARSI ALL’OCEANO DELLA BONTA’ DI DIO

Udienza Generale 6 dicembre 2012

All’inizio della sua Lettera ai cristiani di Efeso (Ef 1, 3-14), Paolo eleva una preghiera di benedizione a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, in cui l’Apostolo guarda all’agire di Dio nella storia della salvezza, culminato nell’incarnazione di Gesù.
In essa, contempla come il Padre celeste ci abbia scelti prima ancora della creazione del mondo per divenire Suoi figli adottivi, nel Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo (cfr. Rm 8, 14-ssgg; Gal 4, 4-ssgg).
Noi esistiamo fin dall’eternità nella mente di Dio, in un grande progetto che Dio ha custodito in sé stesso e che ha deciso di attuare e rivelare ‘nella pienezza dei tempi’.
San Paolo ci fa comprendere come tutta la creazione, in particolare uomo e donna, non siano frutto del caso, ma rispondano ad un disegno preciso di benevolenza della eterna ragione di Dio, il quale con la potenza creatrice e redentrice della Sua parola, dà origine al mondo.

Quest’ affermazione ci ricorda che la nostra vocazione non è semplicemente esistere in questo mondo, essere inseriti in una storia oppure soltanto essere creature di Dio, ma è qualcosa di più grande: è l’essere scelti da Dio, nel Figlio Gesù Cristo , prima ancora della creazione del mondo.
In Lui, quindi, noi esistiamo - per così dire - già da sempre.
Il Signore Iddio ci contempla da sempre, come figli adottivi, in Cristo Gesù.
Il ‘disegno di benevolenza di Dio’, qualificato dall’Apostolo anche come ‘disegno d’amore’, è il mistero della volontà divina, nascosto, e ora, finalmente, manifestato nella Persona e nell’opera di Cristo.
L’iniziativa divina precede ogni risposta umana: è un dono gratuito del suo amore che ci avvolge e ci trasforma.
Ma, qual è lo scopo ultimo di questo disegno misterioso?
Qual è il centro della volontà di Dio?
E’ quello che ci dice san Paolo: “ricondurre a Cristo, unico capo, tutte le cose”.
In quest’espressione troviamo una delle formulazioni centrali del Nuovo Testamento, e che sant’Ireneo mise come nucleo della sua cristologia:” ricapitolare tutta la realtà in Cristo”.
Qualcuno ricorderà la formula usata da san Pio X per la consacrazione del mondo al Sacro Cuore di Gesù: “Instaurare omnia in Christo”, formula che era anche il motto di questo santo pontefice.
L’Apostolo però parla più precisamente di ‘ricapitolazione dell’Universo in Cristo’ e ciò significa che, nel grande disegno della creazione e della storia, Cristo si leva come centro dell’intero cammino del mondo, asse portante di tutto che attira a Sé l’intera realtà, per superare la dispersione ed il limite, e ricondurre tutto alla pienezza voluta da Dio.
Questo grande disegno di Dio non è rimasto-per così dire- nel silenzio di Dio, nelle altezze del Suo Cielo, ma Egli lo ha fatto conoscere, entrando in relazione con l’uomo, al quale ha rivelato, non solo ‘qualcosa’, ma Se Stesso.
Egli, cioè, non ha comunicato soltanto un insieme di verità, ma si è autocomunicato a noi, fino ad essere uno di noi, ad incarnarsi.
Dio, quindi, non solo ci dice qualcosa, ma Si comunica, ci attira nella divina natura, così che noi stessi siamo coinvolti in essa, divinizzati.
Con la sua sola intelligenza e con le sue sole capacità, l’uomo non avrebbe potuto raggiungere questa rivelazione così luminosa dell’amore di Dio: è Dio che ha aperto il Suo Cielo e si è abbassato per guidare l’uomo nell’abisso del suo amore.
Ancora san Paolo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo, Dio le ha preparate per coloro che Lo amano. E, a noi, Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito: “lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio”(Cor 2, 9-10)
E’ San Giovanni Crisostomo che, in una sua celebre pagina a commento dell’inizio della lettera agli Efesini, invita a gustare tutta la bellezza del disegno di benevolenza di Dio rivelato in Cristo usando queste parole:” Che cosa ti manca? Sei divenuto immortale, sei divenuto libero, sei divenuto figlio, sei divenuto giusto, sei divenuto fratello, sei divenuto coerede. Con Cristo regni, con Cristo sei glorificato. Tutto ciò ci è stato donato e, come sta scritto, “Come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui? La tua primizia è adorata dagli Angeli. Che cosa ti manca”?
Questa comunione con Cristo, per opera dello Spirito Santo offerta a tutti gli uomini con la luce della Rivelazione, non è qualcosa che viene a sovrapporsi alla nostra umanità.
E’ il compimento delle nostre aspirazioni più profonde , di quel desiderio di Infinito e di pienezza che alberga nell’intimo del nostro essere umano e che lo apre ad una felicità non momentanea e limitata, ma eterna.
San Giovanni Paolo II ricordava che: “la Rivelazione immette nella storia umana un punto di riferimento da cui l’uomo non può più prescindere, se vuole veramente giungere a comprendere il mistero della propria esistenza. D’altra parte, però, questa conoscenza ci rinvia costantemente al Mistero di Dio, Mistero che la mente non potrà mai esaurire, solo accogliere nella Fede” (Fides et Ratio, 14)
Cos’è dunque l’atto della Fede?
È la risposta dell’uomo alla Rivelazione di Dio che si vuol fare conoscere, al Dio che manifesta il Suo disegno di benevolenza.
Per usare un’espressione agostiniana, la Fede è lasciarsi afferrare dalla verità.
Verità che è Dio.
Dio che è Amore.
San Paolo, per questo, sottolinea come l’uomo, a questo Dio che ha rivelato il Suo mistero, debba ‘l’obbedienza della Fede’.
Questo è l’atteggiamento per cui l’uomo ‘liberamente si abbandona tutto a Lui, prestando la piena adesione della propria intelligenza e volontà al Dio che si rivela, e assentendo volontariamente alla Rivelazione che Egli dà” (Cost. Dei Verbum,5)
Se questo accade, esso comporta un cambiamento radicale del nostro modo di rapportarci con la realtà: tutto appare in una nuova luce. Si tratta, quindi, di una ‘conversione’: fede è un ‘cambiamento di mentalità’.
Nell’Antico testamento esiste un’espressione: “Se non crederete - cioè se non vi manterrete fedeli a Dio - voi non resterete saldi”, è quella con cui Dio si rivolge al re di Giuda, Acaz (Is 7, 9b).
Esiste un vero legame tra lo ‘stare’ ed il ‘comprendere’.
Un legame che esprime bene come la Fede sia un accogliere nella vita la visione che ha Dio sulla realtà.
Lasciare che sia Lui a guidarci con la Sua Parola ed i sacramenti per capire cosa dobbiamo veramente fare, quale sia il cammino che dobbiamo percorrere, in poche parole, come vivere.
E, così facendo ci rendiamo conto che è esattamente il ‘comprendere secondo Dio’, il vedere con i Suoi occhi che rende salda la nostra vita, che cioè ci consente di ‘stare in piedi’, di non cadere.
Attraverso la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità, il Signore vuole sempre di nuovo entrare nel mondo e fare risplendere la Sua luce nella nostra notte.

foto scattata all'udienza generale del 6 Dicembre 2012