"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Per carità, non che la fedeltà di Dio non ci faccia sicuramente da scudo protettivo, ma, semplicemente, la forza dell’ispirazione del salmista si scioglie come neve al sole: infatti è fondamentalmente altro ciò che è inteso: "la verità può difenderci", secondo la sapienza antica dell’ispirato autore.
E questo riflettere sulla bellezza e potenza del piccolo verso poetico scritto tanto, tanto tempo fa, nonché la leggiadra disinvoltura con cui le traduzioni dei dotti contemporanei ci fanno perdere, non solo le forme, bensì i contenuti delle parole e di quanto crediamo di dire, finendo poi per dire tutt’altro, mi ha spinto a iniziare così un articoletto che partendo dal mondo dell’Antico Testamento è diretto inesorabilmente al mondo attuale in cui viviamo.
Mondo che è un mondo in guerra.
Varrà la pena - forse - un bel dì soffermarsi a riflettere un po’ meno rozzamente di quanto sono capace di fare io, sulla densità di pericolo e di minaccia per l’umana sopravvivenza rappresentata dall’interpretarsi a vicenda le parole nostre e altrui, a seconda dell’ ”Aria che tira”, di come fa comodo, di quanto è realmente in gioco dei comodacci nostri.
Intendo questo sia per quanto riguarda le relazioni ‘esterne’ sociali, ma assolutamente anche e proprio per quelle private, interpersonali.
Il ‘mondo di oggi’, se non fosse che fa tragicamente piangere per le infinite vite umane maciullate e per le zero aperture sul domani, farebbe sinceramente ridere.
Lo dico considerando le parole, le frasi, l’uso spensierato di esse per ammannire giudizi a un popolo bue e cambiarli poi con disinvoltura il giorno dopo.
Nel libro appena uscito di Travaglio (“Scemi di guerra”), con la sua non comune capacità, stile computer, per quantità di dati e fatti compulsati e conservati rigorosamente, ho capito ulteriormente l’ intenzione del salmista quando invocava,come unica forma di difesa, come ‘scudo’, la verità.
Dunque, ecco che, questa settimana, mi avvalgo degli esempi tragicomici, tragici soprattutto, che dall’archivio dello “Scemi di guerra” appaiono.
Mi limiterò soltanto ad alcuni giornali e relative dichiarazioni, non potendo occupare più del mio solito spazio.
E’ il Sole 24 ore del 3/12/14, quotidiano della Confindustria, con cui iniziamo.
Angela Manganaro titola: “Se Soros e la finanza scelgono il governo dell’Ucraina”.
E ci spiega che “il governo di Kiev, uscito dalla ‘rivoluzione della libertà’ di Maidan nasce da un processo di head hunting, infatti la scelta è stata fatta da due società di selezione personale - Pedersen & Partners e Korn Ferry, che hanno individuato 185 candidati potenziali tra gli stranieri presenti a Kiev e tra i membri della comunità ucraina che lavorano in Canada, USA e Regno Unito. L’iniziativa è sostenuta dalla Fondazione Renaissance, network di consulenza politica finanziato dall’uomo d’affari americano George Soros.
Secondo il Kyiv Post, giornale per nulla ostile al magnate, quindi non propenso a fakes su di lui, Soros ha pagato 82.200 dollari per sostenere le due società coinvolte nella selezione del personale.
Non sono - continua la Manganaro - notizie da sito complottistico: lo scorso maggio lo stesso Soros ha detto a Fareed Zakaria della Cnn d’aver contribuito a rovesciare il regime filo-russo per creare le condizioni in Ucraina di una ‘democrazia’ filo occidentale”.
Un tempo, dunque, commenta Travaglio, anche la stampa istituzionale faceva il suo dovere…
Proseguiamo con Ferrara che sul Foglio, il 21 dicembre 2019 (pochissimo tempo fa, dunque) dà il ‘benvenuto’ al presidente neoeletto ucraino: “Si è presentato come il candidato anti-corruzione, l’anti establishment, l’outsider contro il vecchio e la politica tradizionale.
Ma alle sue spalle ha il vecchio, ha l’establishment: è proprietario di alcuni studi cinematografici in Russia e di una villa in Versilia con quindici stanze, mai inserita in una dichiarazione dei redditi. La sua connotazione politica è populismo, né potrebbe essere altrimenti per uno che per metà dei suoi 41 anni ha fatto ridere le platee”
Ma il meglio - secondo me - lo dà Sallusti, giunto a Libero nel ’21 e che il 23/2/22, IL GIORNO PRIMA DELL’INVASIONE DELL’UCRAINA, firma un editoriale “Perché fu un errore rompere con lo Zar”. E, di fatto, il 27 dello stesso mese tuona: “Bisogna schierarsi contro lo Zar, senza se e senza ma”.
Ai tempi in cui Sallusti era direttore del Giornale, parliamo dell’anno 2015, il quotidiano titolava, “Putin l’unico leader mondiale ad avere una strategia chiara ed il coraggio delle sfide solitarie”
E, intervistando Màrton Gyöngyösi, uno dei leader politici ungheresi, affermava: "La Russia è l’unica che vuole difendere i nostri valori."
Il 5 Novembre di quell’anno, ancora titola: "Putin unico difensore dell’Europa".
Quando, nel ’19, Zelensky diventa presidente, Sallusti non si lascia scappare l’occasione di usarlo per attaccare Grillo anche nelle pagine degli esteri.
“C’è poco da ridere: il Grillo dell’Ucraina doppia Poroshenko”.
E prosegue: “Quando si parla di Ucraina la tentazione di rinunciare a capirci davvero qualcosa e abbandonarsi a superficiali ironie è sempre forte. Grazie ad un programma populista, buono per tutti i gusti, Zelensky è riuscito a mimetizzare i suoi loschi affari, e pochi si accorgono del legame del suddetto con il ricco imprenditore Kolomoisky, acerrimo nemico di Poroshenko, che gli mette a disposizione il suo canale televisivo ed è sospettato di essere lui a governare al posto del ‘servitore del popolo’.
Ed è proprio il sito del Giornale che - nel 2021 - racconta il fatto per cui il Time sarebbe venuto in possesso di informazioni relative ad un maxi piano di espansione in Ucraina dell’Academi, la più nota compagnia militare privata degli USA, altresì nota con il suo nome di battesimo poi caduto in disuso: ”Blackwater”.
E vado a chiudere (la rassegna è molto più consistente di quanto da me qui selezionato, ma devo aver rispetto, oltre che della pazienza di chi legge, del mio stomaco che si rovescia) con le affermazioni di Christian Rocca, “turbo-atlantista”, già cantore di G.W. Bush, dei suoi neo-con e delle sue sporche guerre in Afghanistan e in Iraq, che il 23 Febbraio 2022, un giorno prima dell’invasione, su Linkiesta, ci offre il suo ritrattino di Zelensky: ”Un comico come presidente è la bancarotta morale del populismo. Putin è un dittatore criminale e il presidente ucraino è un comico, ma è il ‘nostro’ comico e ci tocca sostenerlo….
Al momento c’è solo da mettersi le mani nei capelli.
C’è che il popolo ucraino si è affidato ad una persona improbabile e impreparata (sottolineature mie)e la conseguenza diretta di questo sberleffo dell’antipolitica è esattamente la situazione disastrosa che stiamo vivendo. Prima delle elezioni, c’era chi temeva che Zelensky, russofono nato ad Est, avrebbe consegnato il Paese a Putin, altri spiegavano che sarebbe stato una marionetta in mano agli oligarchi.
La realtà è molto più prosaica: Zelensky è un personaggio mediocre, inadeguato e circondato da amici d’infanzia corrotti o non all’altezza del compito di governare non solo un grande Paese, ma nemmeno un condominio.
Una via d’uscita alla crisi ucraina non è ancora visibile, ma un presidente buffone a Kiev non aiuta certo a trovarla.”
E qui ci fermiamo.
Per ora.
È Quaresima, dunque qualche nostro sacrificio può essere offerto per la soluzione di questa sporca, sporchissima e malnata guerra.
E per - magari - ridurre un pochino l’ipocrisia di tutti.