"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Persino una madre che lo ha cresciuto e tirato grande, con che criteri lo sa solo lei, si mette subito in prima fila dando del mostro al frutto delle sue viscere.
A suo figlio.
Ma che madre è una madre che abbandona suo figlio-non dico ‘giustifica’, ma abbandona- nel momento più tragico della sua vita?
Che madre è?
Forse in un carcere questo figlio sarà più protetto e tutelato che nelle braccia di mille donne, compresa sua madre.
Figlio che, di sicuro, in quanto a risorse psicopatiche si batte senz’altro più che bene.
Ma, se appunto come le esperte psicologhe dei talk show si affannano a spiegarci, quell’assassinio è uno psicopatico, perché mostrarsi scandalizzati che si sia comportato da psicopatico?
La questione forse è a monte.
E cioè che nella psicopatia ci affondiamo tutti e talora qualcuno sbrocca, andando un po’ troppo sopra le righe, e allora tutti gli altri psicopatici si affannano a prenderne le distanze.
Ma che distanze ci sono tra chi ammazza una donna incinta e chi dice - dall’alto del suo scranno televisivo di esperta psicologa - che quel tale ha commesso non uno, ma due omicidi, per aver soppresso un bambino (in questo caso lo chiamano bambino, non semplicemente feto) senza consenso della madre???
Ma, allora basta che una donna sia consenziente perché l’uccisione diventi lecita?
Non è paranormale al massimo fare affermazioni di questo genere?
Se è un assassinio quello di un feto nella pancia della madre, rimane un assassinio con o senza ‘consenso’ della medesima.
Mi pare logico, no?
Come fa il semplice dire “lo voglio far fuori” a rendere una soppressione di bambino, in questo caso in utero, una cosa lecita?
Così di mostri in mostri, difficile pensare che un poveretto di 30 anni già padre di un figlio di 6, impegnato con una donna che gli darà un figlio ed un’altra che stava per darglielo, ma ‘saggiamente’ lo ha soppresso prima, non si senta alquanto frastornato… La prima cosa che mi è venuta da pensare è stata: bambini da tutte le parti, come se piovesse!
Volersi bene, provare della simpatia reciproca, può essere sufficiente per mettere al mondo dei figli?
Una volta si contestava l’abuso della pillola anticoncezionale, ma, a quanto è dato vedere dalla vicenda horror di questi giorni, la pillola non è più trendy. Più figo restare incinte un po’ di qua e un po’ di là, come viene, viene. E per di più con un barman con la faccia da ragazzino frastornato, che di famiglia non pare ne abbia avuta una lui per primo, e ridotto a trovarsene due, tre da gestire in un colpo solo…
Già, perché dire bambino - con buona pace di tutti - vuole dire famiglia. Prima uno si prende la responsabilità di mettere su ufficialmente una casa, un contesto che si chiami famiglia, poi si lascia andare a riprodursi. Perché tra umani la riproduzione è di esseri umani. E gli esseri umani hanno la cattiva abitudine di aver bisogno di un luogo, in cui fare la loro comparsa, non un teatrino di paese con prese e lasciate, feroci dichiarazioni di odio e improvvisi ritorni. Dove uno - stile la miglior scuola goldoniana, servo di due padroni - dice ad una ‘tu’, ma intanto ‘tu’ lo dice ad altre due o tre in contemporanea.
E questo lui che dovrebbe dire ‘tu’ a qualcuno, - forse non lo è mai stato - non è un ‘io, lui per primo.
Eppure, quanti si sdegnano per i fatti occorsi in quell’appartamentino di Senago, con tanto di patetico tentativo di incenerimento di cadavere cosparso di alcool trovato nell’armadietto delle medicine, e si sgolano a sentenziare quel comportamento pura ‘psicopatia’, incapacità di ragionare secondo i parametri normali con cui tutti ragionano, ovvero narcisismo puro per cui qualunque cosa confligga con il proprio interesse, semplicemente non esiste, dovrebbero fare un corso di aggiornamento su dove vivono.
Se vivono qui, su questo pianeta Terra, in effetti questa è la quasi esclusiva realtà: non rendersi conto della sofferenza e tantomeno delle ragioni dell’altro.
Si comincia da bambini di due tre anni, portati all’asilo tenendo nella manina destra la mano della madre, e nella sinistra un device con i video giochini o le favolette online che lo assorbono totalmente, come è purtroppo quasi normale constatare quando, uscendo la mattina, si incrociano gli orari di entrata a scuola.
Per poi passare alle sere d’estate, dalle mie parti sono già cominciate, in cui bambini e bambine di undici/dodici anni, già strafatti alle ore 21 di alcolici, comperati dietro mancia dall’amico maggiorenne al minimarket dell’angolo, se ne vanno in spiaggia, tutti in divisa -minigonne astronomiche per le ragazze; tshirt con teschi e altre amenità per i ragazzi -.
Qualcuno al telefonino risponde dicendo: “Mamma stai tranquilla, tra poco arrivo”
Perché hanno ancora le mamme che li chiamano.
Ma, da lì innanzi, è tutto un assecondare, che i genitori per primi, la scuola subito dopo, fanno per i figli di una vita da semplice spettatore o follower a cui, nel migliore dei casi, viene concesso un like da appore qua e là, per sentirsi partecipe.
Ma partecipe di cosa?
Di un mondo dove se ammazzi il figlio che hai in grembo, ma lo fai ‘consenziente’, non è ammazzarlo come invece lo è se non sei ‘consenziente’.
Magari chiederglielo, questo consenso, a quella donna appena sgozzata e riversata in una vasca colma di sangue, non sarebbe stato nemmeno molto facile.

(immagine: Spiritelli dei gerani - Mario Cossu)