"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Ciò che costituisce la vita biologica, nell’uomo, è anche costitutivo della sua persona.
La rivolta, ormai quasi universalmente predicata, del corpo che non deve avere un genere preciso, per far la qual cosa viene totalmente sminuito, all’occasione, il dato fisiologico oggettivo, nega al corpo quello che esso, fatto così, come è voglia dirci.
Se la pretesa autodeterminazione dell’individuo ha condotto a negare la bellezza della trasparenza simbolica del corpo sessuato in favore di una pura interscambiabilità funzionale dei sessi, come afferma Ratzinger, in pari tempo parlare di ‘cuore’ non ha oggi che una valenza prevalentemente intimistico-fumettistica.
Tornare ad accettare il proprio corpo, il corpo in quanto tale, paradossalmente è la vera sconfitta di ogni materialismo.
La persona adempie se stessa nel corpo ed il corpo è, perciò, sua espressione: ma solo perché in esso si può vedere la realtà invisibile dello spirito.
Sarà per questo che mi ha commosso sentirmi raccontare ieri di una mia ex alunna, oggi sedicenne, in gravi difficoltà, per così dire, identitario/organizzative…
Passa le sue giornate chiusa in casa dove, d’accordo con un docente della scuola costretto a rilevarne le prolungate e misteriose assenze dai banchi, la madre e la nonna (il padre -che coincidenza- non se ne cura e vive altrove), la giovane viene tenuta rinchiusa al riparo da brutti incontri, brutte esperienze, in alcune delle quali già incappata.
La giovane ha un fidanzatino che la ama, ma può vederla pochissimo.
Lavora all’altro capo della città e, fuori a spasso, nemmeno quando è domenica, ha la possibilità di accompagnarla.
Però…
Però lui, giovane al pari di lei, OGNI GIORNO, nell’ora di pausa dal suo lavoro di meccanico, inforca la moto e va a portarle da mangiare!
OGNI GIORNO lui si procura qualcosa che a lei possa piacere, che la possa tirar giù dal soppalco dove i suoi vivono in quattro, nella portineria del grande palazzo nobiliare del centro, essendone i custodi.
Il ragazzo provvede alla sua amata, alquanto burbera a quanto pare anche con lui, nutrendola, più che col piattino di leccornie, con il suo cuore.
Un gesto di tenerezza così immenso mi ha commosso soprattutto perché non mi riesce di non paragonare un’idea d’amore tanto gratuita e piena di luce a quella sentitami raccontare da un mio coetaneo tempo fa, parlando di vicende coniugali.
Vicende, è facile immaginare, irte di difficoltà come capita pressocché a tutti in questa nostra epoca sfasciata.
Ma il mio coetaneo, cristiano ‘convinto’ nonché ‘responsabile’ di un tale Movimento che doveva cambiare il mondo, la questione cuore/amore l’aveva risolta genialmente, secondo lui...
Altro che questo sedicenne  che  perde tempo a portare un panino o un cartoccio di patatine fritte all’amata…
La soluzione, quasi blasfema paragonata alla giornaliera corsa in moto per alimentare come una madre uccello il piccolino dal becco spalancato nel nido, era veramente  di una pragmaticità che toglieva il fiato.
E del cuore che ancora, benché demodé si celebra domenica, poco restava.
In breve: ”Se il mio matrimonio è in crisi -mi spiegava- mi sono detto: perché non devo chiedere a mia moglie quello che chiederei ad una puttana qualunque”?
Ed ecco fatto.
Chiunque desideri salvare un matrimonio, vedi un amore, è servito.
La parola ‘cuore’, io preferisco servirmi di Ratzinger per tentare di salvarla da questi geni che magari, tengono assemblee oceaniche per insegnare al mondo il senso della vita
E Ratzinger, commentando Haurietis aquas afferma che, grazie all’incarnazione, il cuore viene ora a denominare “un più profondo strato dell’esistenza spirituale, nel quale ha luogo un diretto contatto con il divino”.
Qui, nel cuore -in QUESTO cuore- ha luogo la nascita del Logos divino nell’uomo, l’unione dell’uomo con la personale ed incarnata parola di Dio.
Cioè con un modo ‘ragionevole’, secondo il Logos, appunto, di affrontare la vita, l’amore.
Prosegue Ratzinger :”Troviamo in Agostino il ricorso al cuore quale luogo dell’incontro salvifico con il Logos: Redeamus ad cor, ut inveniamus Eum.
In Osea 11 (il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione) il termine  cuore viene ad indicare il rivolgimento dell’amore divino nel cuore stesso di Dio” .
Il ‘rivolgimento’ di un cuore, quasi contro se stesso, come è accaduto in quello di Dio per salvare noi, oltre al cuore del giovane ‘rider giornaliero per amore’, è, tra altri grandi cuori, per me  quello del cuore di Taisija.
“Ora mi si stringe il cuore: sono stato premuroso con la mamma come avrei dovuto essere? Lei che, quando mio padre morì, non si è mai risposata, per colpa mia. Notti e notti di straordinari alla macchina per scrivere, per colpa mia. Aveva le fitte alla schiena, ai congressi le si logoravano i nervi a furia di stenografare, si è consumata la salute a spaccare carbone nella rimessa, al gelo, a fare avanti e indietro al bazar, e dalla stanza caldissima della casetta di legno dove eravamo finiti a vivere dopo la rivoluzione, all’ingresso freddo e viceversa.
La pleurite, la tubercolosi, si alzava con enorme fatica, 38/39 gradi, i brividi, i dolori, ma pur avendo il certificato di malattia andava al lavoro solo per poter fare il congresso la sera e guadagnare ancora qualcosa per me, suo figlio.
Mi ha tessuto un’infanzia felice e spensierata, ha creato tutte le condizioni materiali per il mio sviluppo spirituale, e negli ultimi tempi non riusciva a tenermi dietro, piangeva molto e soffriva perché non dividevo niente con lei.
Mi sono persino sposato e non gliel’ho detto… Nel ’43 mia madre faceva la fame, era distrutta dalla malattia e mentre se ne stava lentamente andando, il mio certificato di ufficiale che si poteva richiedere solo per una persona, non per due, lo richiesi non per mia madre, ma per la mia giovane viziata moglie Natasha, e in questo modo assicurai la protezione del commissariato a mia moglie sfollata nel Kazachstan e non a mia madre malata.
Perchè l’uomo è così stupido da apprezzare le persone più quando le perde che quando le ha”?

(L. Saraskina,  Solzenicyn; biografia)