"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Il fatto che un atto sia una mia scelta non qualifica affatto il mio agire come buono, vero, giusto.

Dalla lectio magistralis del Card. Bagnasco al Congresso del 18 novembre di “Scienza e Vita” a Roma.

“(…)

Cerco Dio! Cerco Dio! Dove se n’è andato Dio? Ci grida Nietzsche nella sua Gaia Scienza.
E prosegue: ”Siamo noi tutti suoi assassini! Ma come abbiamo fatto? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Che mai facemmo a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla?”
Il nichilismo di senso e di valori nasce da una visione materialista dell’uomo e del mondo, e si alimenta allo spettro ridente del consumismo che porta a concepire l’esistenza come una spasmodica spremitura di soddisfazioni e godimenti fino all’estremo. Ma ben presto -lo vediamo nella cronaca - ne deriva una immane svalutazione della vita.
Oggi si pensa che sul piano dell’etica, ognuno è costruttore di ciò che per lui, soggettivamente, ha importanza e significato. Che il nostro compito sia quello di comporre i diversi a volte opposti valori, che l’importante sia - quando va bene - disturbare gli altri il meno possibile.
Ma NON ESISTE QUALCOSA A CUI L’UOMO POSSA RIFARSI NELLA SUA CONOSCENZA E QUINDI ADEGUARSI RAGGIUNGENDO COSI’ LA VERITA’?
E’ fuori dubbio che non pochi di quelli che chiamiamo valori o ‘beni’ necessari alla nostra vita appartengano alla sfera della pura soggettività individuale e/o sociale.
MA E’ TUTTO SOLO COSI’?
Non esiste nulla di oggettivo in grado di essere metro della verità morale, che possa regolare, normare i miei comportamenti?
Di solito fino ad un certo punto di questi ragionamenti tutti si è concordi, ma quando entra in gioco la questione del ‘valido per tutti’ allora si accende una spia e sorge in noi una trincea difensiva quasi si sentisse in pericolo la propria libertà individuale, nervo sensibile dell’anima moderna.
Se l’uomo si realizza attraverso l’esercizio della propria libertà bisogna chiederci se qualunque forma di esercizio realizza la persona oppure no.
Qualunque agire NON si qualifica da SE’, ma è qualificato da ciò verso cui tende: camminare per fare una passeggiata è diverso che camminare per andare a fare una rapina.
Così la libertà, se per un verso è valore in se stessa in quanto condizione di responsabilità, per altro verso NON E’ LA SORGENTE DELLA BONTA’ MORALE.
Il fatto che un atto sia una mia scelta non qualifica affatto il mio agire come buono, vero, giusto.
Inoltre non dimentichiamoci che la bontà e il male morale NON SONO ASTRAZIONI LONTANE ALLE QUALI SACRIFICARE GLI UOMINI nei loro desideri individuali: il bene è tale perché MI FA CRESCERE come persona, mentre il male mi diminuisce nella mia umanità.
Oggi la tendenza diffusa è rendere la libertà individuale un valore assoluto, sciolto non solo da vincoli e norme, ma anche indipendente dalla verità di ciò che si sceglie.
In tale modo però essa si rivolta contro l’uomo, diventa prigioniera di se stessa come in ogni personalità NARCISISTA.
Ecco perché dobbiamo ricordarci che la VERITA’ LIBERA e la libertà RENDE LIBERO l’uomo. Qual è la vera gabbia, la vera prigione: l’assolutismo di una libertà individualistica o l’assolutezza della verità”?