"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Con altrettanto realismo, occorrerebbe comprendere quanto fuorviante sia l’opinione diffusa in ambienti religiosi contemporanei, che la fede vada ‘riletta’ in base ai tempi.
Se dal punto di vista scientifico-sperimentale non c’è nulla che domani non possa essere sconfessato, è chiaramente preoccupante e fonte dell’angoscia più nera, l’ipotesi che quanto si ritenga’ scientificamente’ corretto per l’oggi, nel campo della professione di fede, non debba, anch’esso, domani diventare totalmente obsoleto.
Se per quanto riguarda le distanze interstellari, è già una bella delusione che la scienza non riesca ad uscire dall’empirismo spicciolo denunciato da Feynman, che delusione ancora peggiore se la Chiesa non riuscisse a smettere di considerare un’interpretazione razionalista ed illuministica datata a duecento anni fa come il punto di non ritorno per l’uomo ed il suo bisogno di Infinito…
Così, a forza di aggiornamenti, quello che si va a fare è di erodere dal di dentro il contenuto di un fondamento che - pur trovandosi nella storia - puramente storico non è.
Tale riduzione porta inevitabilmente ad un burocraticismo della funzione religiosa, come-ad esempio- abbiamo constatato recentemente per attuare il ‘rispetto alle norme anticovid’, decise politicamente. È per puro ossequio burocratico, che, durante la Messa, si posticipi la raccolta delle offerte tra i fedeli, facendola scivolare dal momento che ne esprime il senso, l’offertorio, al post comunione: tutti infatti sono esattamente nella stessa dislocazione precedente e rimane la stessa percentuale di possibilità di contagio di prima.
È puro funzionalismo al politically correct sostituire   con un ‘non abbandonarci alla tentazione’ l’antico ‘ né nos inducas’, nella recita del Padre Nostro.
Come nel VIII secolo, la smania iconoclasta aveva come unico scopo quello di svuotare l’idea stessa di Incarnazione del suo contenuto, così il proposito ‘buono’ di semplificare e aggiornare, ridonandole un senso più sociale, più comunitario, più intelligibile alla Liturgia, in realtà semplicemente la svuota.
Un drammatico esempio di questo svuotamento è rappresentato dallo stravolgimento di quanto il celebrante è andato ripetendo da sempre nel Canone della Messa che è stato messo così bene in vista da Sciascia nel suo “Todo modo”.
Leonardo Sciascia sente il bisogno - nello svolgimento della storia che narra- di soffermarsi a constatare la ‘piccineria’ d’orizzonti intervenuta nella modifica post Concilio, dell’Offertorio.
Avendo egli fatto il chierichetto da piccolo, conosceva a memoria l’originale, rimpiangendolo, da laico ed agnostico quale era diventato.
Quello che recita così:” Dio che in modo mirabile hai creato la nobile natura dell’uomo ed in modo ancor più mirabile l’hai restaurata: concedici per il mistero di quest’acqua e questo vino, di essere consorti della divinità di Colui che si è degnato di partecipare alla nostra umanità” oggi parla qualunquisticamente di un’“acqua unita al vino (unione che- secondo Sciascia - già la dice lunga sulla inintelligenza di fronte alla vita…) segno della nostra unione ecc.” …
Non si capisce, se prima di noi milioni di battezzati avevano sbagliato tutto, il fiorire di incredulità odierno, veicolato forse   proprio dal presupposto dello svecchiamento.
Il rifondatore della Solesmes distrutta dalla furia della Rivoluzione Francese affermava:” I nostri riti cristiani e cattolici, doppiamente sacri in quanto ci provengono da Dio e per mezzo di Cristo dalla Chiesa, sono stati santificati dalla pietà di cento generazioni: quante emozioni, quante gioie, quanti affetti, quante lacrime sono passati su queste formule, su questi riti”.
La Messa, anziché essere un momento per ‘rilassarsi’, ovvero un mezzo per ‘istruire il popolo’, non può che essere quel centro divino, non a nostra disposizione, in cui si mostra la universale riabilitazione dell’opera di Dio, in forza della Croce.

immagine: Mikhail Nesterov - Girls on the bank of the river