Uno scenario che -alla luce di quanto sapevo di me e di tanti che condividevano quel momento di gioia- preludeva ad un futuro perlomeno immaginabile.
Così invece non è stato.
In questi ultimi dieci anni che mi separano dal Giugno 2007, è accaduto l’impossibile e e forse di più.
Qualcosa che, con la violenza e l’ottusità delle carcerazioni preventive, dei rinvii a giudizio, delle verità emerse d’improvviso dalle cronache giudiziarie anziché da parole tra persone civili, le quali, invece della sincerità si avvalevano da tempo immemore della bugia per trascinare le relazioni anche familiari, e, soprattutto con il teatro kafkiano di aule giudiziarie e procedimenti penali, ha decisamente superato ogni, almeno mia, immaginazione.
A fatica si emerge, con lo scorrere del tempo, ma le cose, le relazioni non sono più quelle di una volta.
Questo sito vuole essere una sorta di messaggio in bottiglia gettato nelle onde del mare. Perché?
Infatti si può essere su un’isola deserta pur vivendo in una movimentatissima e rumorosissima metropoli.
Si può essere in una stanza affollata e continuare a sentire voci di amici (alcuni ancora si considerano tali) che ti ripetono dei gran sì a quello che dici e accorgerti che non dicono sì a te e a quello che dici, ma a che il sì, lo stanno dicendo solo a se stessi.
Capita di accorgersi che quello che hai da dire -tuo malgrado (perché, pure tu, preferiresti parlare del tempo che fa, ma ahimè! c’è quell’ingombro di fatti processuali, rinvii a giudizio… accuse (e pure gravi) di essere una disonesta creatura meritevole dai 6 ai 12 anni di galera... quel vedere le persone credute care fino a ieri lottare per salvare solo se stesse e per far questo non provare imbarazzo a metterti mani piedi (e quant’altro) sulle spalle fino a schiacciarti sotto il cumulo di macerie da cui loro stesse trovano difficilissimo emergere...) capisci che crea ‘imbarazzo’, forse fastidio.
Allora… ecco l’utilità di rivolgersi all’Oceano infinito… L’Oceano che si intravede dalla foto che ho scelto e che per coincidenza (ma forse… anche no) mi fa apparire come una naufraga arenata sulla sabbia.
All’Oceano si può parlare: risuona già di tante voci, una più una meno, che vuoi che sia? Meglio l’eco dei flutti che continuare parlare a persone, ma sentire solo l’eco delle proprie parole.
Devo, inoltre, l’idea di questo sito ad un articolo scritto da un personaggio a me ignoto che anni fa, appunto quando tutto parve implodere su se stesso: l’aprile del 2012, ritenne di affidare al web una parola di riconoscimento e di difesa per la sottoscritta e gratitudine per il velo che si era –a sue totali spese- avventurata a sollevare.
Quel velo molti, dicendomi ”sì, ok”, è stato sempre caparbiamente ricollocato al suo posto.
Un posto che -per quel che mi riguarda- può continuare ad occupare, ma non per me.
Affinché quei racconti uditi e narrati in tempi nemmeno tanto lontani, non debbano forzosamente finire nella ‘luna delle cicale scoppiate’, ho deciso di creare un luogo, quasi archivio della mia memoria.
Forse, al posto dei vecchi diari polverosi e cartacei che io rileggo, di tanto in tanto, appartenuti a nonni e bisnonni, i miei nipoti potranno, aprendo il PC, farsi un’idea della nonna.
Nel mio diario troveranno le cose belle che mi hanno dato la forza di tentare ad andare avanti e sono:
- Kafkiana: Vicende offerte a riprova di come una monotona e banale vita di casalinga possa trasformarsi in una corsa all’impazzata verso l’assurdo, e oltre.
- Nella luna delle ‘Cicale’ trovano posto le tante cose udite e vissute e che, pur essendo state assolutamente vere, le ho anche viste scoppiare, come le cicale ovvero come narrazioni della durata di una sola stagione, anche grazie a coloro che dovevano custodirle.
- Cordula: Il nome di questa sezione è ripreso da un'opera di H.U. von Balthasar piuttosto ‘leggera’, in quanto a formato, ma che, in realtà, è pesante alquanto sul piano della coscienza critica che tutti, almeno quelli che si onorano di definirsi cristiani, sono tenuti a desiderare, imparare, coltivare.
- Todo Modo: -noto incipit del motto di sant’Ignazio- comprende le varianti moderniste e protestantiche dei discorsi che oggi ci sentiamo purtroppo fare, anche da persone cosiddette insospettabili, con compiti pedagogici all’interno della compagine ecclesiale, e che -a mio modo di vedere- sostanzialmente si riassumono nella diatriba tutta interna al gesuitismo tra il filone balthasariano e quello rahneriano.
- Ho chiamato Cedro del Libano il mio ’archivio ratzingeriano' di brani da me trovati, letti e estrapolati quando ne sono rimasta colpita. Quell'uomo, quel Papa, svetta, ai miei occhi, alto e potente, se pur sotto la veste di debolezza che lo hanno costretto ad indossare, come un autentico cedro del Libano, l’albero che non finiva di venire usato come paragone di forza e autorevolezza in tutto l’Antico Testamento.
Un grazie anticipato a Patrizia, che so per certo mi leggerà.
Altri oltre a lei -realisticamente- non so.
E' tutto (o quasi) ok lo stesso.