“C'è una certa esegesi 'erudita' e un concetto di fede– diceva Benedetto XVI - il cui criterio fondamentale è che Dio NON può affatto agire nella storia.
Allora la Bibbia non parla più di Dio, del DIO VIVENTE, ma parliamo NOI STESSI e NOI decidiamo cosa Dio può fare e cosa vogliamo o dobbiamo fare noi.
E l'Anticristo ci dice allora, in atteggiamento di grande erudito, che un 'esegesi che legga la Bibbia nella prospettiva della fede del Dio vivente, prestandogli ascolto, è “fondamentalismo” ….
Solo la sua esegesi (ritenuta autenticamente ‘scientifica’) in cui Dio stesso NON DICE NIENTE E NON HA NIENTE DA DIRE, è al passo coi tempi”.
Benedetto XVI, Gesù di Nazareth
Contenuti da un Convegno tenuto a Viterbo nel 1977 da don Luigi Giussani
In corsivo la ‘risposta’, tramite le parole di J. Ratzinger, ai quesiti sollevati sempre qui e sempre negli anni a venire dal fondatore del Movimento di CL, ma mai tematizzata adeguatamente.
Pag.25: La scuola è mondo, la famiglia è mondo, la convivenza in un caseggiato, in un quartiere, sul tram è mondo, il modo di impiegare il tempo libero è mondo.
Il “mondo” è un clima che estrapola, che strappa via dalla certezza di ciò che siamo e dalla evidenza della comunione. La parola ‘mondo’ indica l’immagine, la definizione, il giudizio di valore e il sentimento delle cose secondo l’apparenza e non secondo la loro realtà ultima.
L’apparenza delle cose strappa da quel che siamo, non lo rivela, non lo favorisce. Non è ancora rivelato ciò che siamo, ma ciò che siamo comincia ad emergere se viviamo l’unità tra noi.
Tutto il mondo è posto nella menzogna.
Il potere mondano tende a risucchiarci: allora la nostra presenza deve fare la fatica di non lasciarsi invadere, e questo avviene non solo ricordando e visibilizzando la nostra unità, ma anche attraverso un contrattacco.
Se il nostro non è un contrattacco (e per esserlo deve divenire espressione dell’autocoscienza di sé), se non è un gusto nuovo che muove l’energia della libertà, se non è un’azione culturale che raggiunge un livello dignitoso della cultura, allora l’attaccamento al movimento è volontaristico e l’esito intimistico.
Nessuno immagina ora la ricchezza di reazione che qualificava i nostri primi gruppetti di fronte ad ogni pagina che si studiava o ad ogni cosa che avveniva.
Portare l’interesse della propria persona con la totalità dello sguardo, del cuore, dell’energia trasformatrice è possibile ad ogni uomo che abbia un temperamento ricco e vivace, MA è COME SE MANCASSE A TALE LAVORO LA FORMA ADEGUATA.
N.71: NON C’è NULLA DI AUTENTICAMENTE UMANO-PENSIERI ED AFFETTI, PAROLE ED OPERE- CHE NON TROVI NEL SACRAMENTO DELL’EUCARESTIA LA FORMA ADEGUATA a ESSERE VISSUTO IN PIENEZZA.
IL CULTO GRADITO A DIO DIVIENE COSÌ UN NUOVO MODO DI VIVERE TUTTE LE CIRCOSTANZE DELL’ESISTENZA IN CUI OGNI PARTICOLARE VIENE
La gloria di Dio è l’uomo vivente, la vita dell’uomo è la visione di Dio.
Pag.27: L’OFFERTA è la modalità ultima del lavoro cristiano, per cui la cosa più banale splende del suo nesso ultimo e ha la consistenza dell’eterno: non si perde più, allora ogni rapporto con gli uomini o le cose anche il ciò che si tocca per un solo istante, non si perde più.
La presenza come lavoro nasce perciò dall'OFFERTA.
L’offerta è la coscienza di sé e del proprio rapporto con il cosmo, con l’istante e con l’eterno ed è l’unica rivoluzione del mondo, quella che Cristo ha chiamato metànoia, capovolgimento di tutto nella conversione di sé.
N.70: Le parole di San Paolo:” Vi esorto fratelli ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” sono la formulazione più sintetica di come l’Eucarestia trasformi tutta la nostra vita in culto spirituale gradito a Dio. In questa esortazione emerge l’immagine del nuovo culto come OFFERTA totale della propria persona in comunione con tutta la Chiesa. L’insistenza dell’Apostolo sull’offerta dei nostri CORPI sottolinea l’umana concretezza di un culto tutt'altro che disincarnato.
L’insistenza sul SACRIFICIO/ offerta –fare sacro- dice qui TUTTA LA DENSITÀ ESISTENZIALE IMPLICATA NELLA TRASFORMAZIONE DELLA NOSTRA REALTÀ UMANA AFFERRATA DA CRISTO. (cfr. Fil 3,12)
Pag.8: È come se il nostro titolo “Comunione e Liberazione” fosse stato capovolto e ognuno di noi vivesse la ‘comunione’ quasi come un presupposto, un dato per scontato, e tutta la stima del tempo da usare e l’energia da impiegare fosse sull'altro termine ‘liberazione’.
Quello che dovrebbe essere conseguenza di un incremento sempre più grande di ciò che costituisce il nostro soggetto personale e comunitario, cioè giudizi da dare, atteggiamenti da assumere, diritti da far valere invade il palcoscenico e diventa esauriente tanto da logorare sempre di più la nostra persona e la vera fisionomia dei rapporti, da impedire, quasi, un rinnovamento quotidiano e una vera creatività: diventiamo sempre più partito, associazione che ha scopi educativi, sociali, politici e non siamo invece una novità di vita.
N.79: A partire dalla convocazione liturgica, è lo stesso sacramento dell’Eucarestia ad impegnarci nella realtà quotidiana perché tutto sia fatto a gloria di Dio.
I cristiani, chiamati a vivere la novità radicale portata da Cristo proprio all’interno delle comuni condizioni di vita, devono coltivare il desiderio che l’Eucarestia incida sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli così ad essere testimoni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società tutta. L’Eucarestia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di noi nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua SITUAZIONE ESISTENZIALE, luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana.
Pag.9: Non sto introducendo l’immagine di una scelta religiosa ‘privilegiata’ sull'attività della vita quotidiana, entro la struttura sociale e l’ambiente in cui Dio ci ha collocati, nel tempo in cui ci ha scelto.
N.82: Questo richiamo al culto spirituale, cioè all'Eucarestia, non va interpretato in chiave moralistica. È innanzitutto la felice scoperta del dinamismo dell’amore nel cuore di chi accoglie il dono del Signore, si abbandona a Lui e trova la vera libertà. Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali. Nel culto stesso della comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. La trasformazione morale implicata nel nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di voler corrispondere all'amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella consapevolezza della propria fragilità.
Pag.9: Dobbiamo recuperare la verità della nostra vocazione e del nostro impegno. Dobbiamo aiutarci a sconfiggere un pericolo già molto in atto: ridurre il nostro impegno ad una teorizzazione di metodo socio-pedagogico, all’attivismo conseguente e alla difesa politica di esso, invece che riaffermare e proporre all'uomo nostro fratello un fatto di vita.
Ma un fatto di vita, DOVE SI APPOGGIA?
Dov'è la vita?
La vita sei Tu.
Per molti di noi, che la salvezza sia Gesù Cristo e che la liberazione della vita dell’uomo, qui e nell'aldilà, sia legata continuamente all'incontro con Lui, è diventato un “richiamo spirituale”.
N.84: Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucarestia, non solo è fonte e culmine della vita della Chiesa, ma lo è anche della sua Missione. Anche noi dobbiamo poter dire ai nostri fratelli con convinzione:” Quello che abbiamo visto e udito lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1 Giovanni 1,3).
Veramente NON C’E’ NIENTE DI PIÚ BELLO CHE INCONTRARE CRISTO E FARLO INCONTRARE A TUTTI.
Pag.11: Il CONCRETO sarebbe altro: è l’impegno sindacale, è far passare certi diritti, è l’organizzazione, sono le unità di lavoro, e perciò le riunioni, ma non come espressione di un’esigenza di vita, piuttosto come mortificazione della vita, come pedaggio da pagare ad una appartenenza che ci trova ancora inspiegabilmente in fila.
N.86: Pertanto dal Mistero eucaristico, creduto e celebrato, sorge l’esigenza di educare costantemente tutti al lavoro missionario, il cui centro È l’annuncio di Gesù, unico Salvatore. Ciò impedirà di ridurre in chiave meramente sociologica la decisiva opera di promozione umana sempre implicata in ogni opera di annuncio evangelico .