Mi aveva colpito un passo in cui si descrive la facilità con cui il ricevente “colma” il vuoto conoscitivo che ha in base alla disinvoltura con cui il trasmettitore, attraverso la parola, si rivolge a lui.
E citava l’esempio di un tale che sentenzia ad un altro il fatto che la “festa del vicino ieri sera è stata un vero successo”.
Il ricevente - fino a quel momento ignaro di avere un vicino - nell'arco di un breve istante - si allinea alla soddisfazione espressa dal trasmettitore della notizia, e, nel dichiararsi felice per il vicino, avalla come contenuto a lui noto questo fatto del vicino, nella non consapevolezza del quale aveva ottimamente vissuto sino ad allora.
Perché lo fa?
Essenzialmente per un’istintiva tendenza all'economicità del fatto conoscitivo che è faticoso di suo.
Poi, probabilmente, per la suggestività rivestita dal trasmettitore.
Una cosa simile accadeva nelle aule del liceo quando ero adolescente: un paio di compagni che all'intervallo facevano apparire dei succosi mandarini alla domanda: da dove saltano fuori? Rispondevano sussiegosi: ma dall'albero fuori della finestra in fondo al corridoio.
In dozzine siamo andati ad aprire quella finestra pur essendoci passati davanti per anni e potendo obiettivamente arguire che li, al piano alto a cui ci trovavamo, alberi di mandarini né ci erano né potevano esserci.
La tendenza a far propri contenuti impliciti che sono solo di chi trasmette il contenuto e non di chi lo riceve grazie a precise strategie di persuasione, è affiorato oggi al Telegiornale dell’una!
In esso veniva data una notizia dal colore inquietante che - per me no di certo - doveva probabilmente spingere a confermare l’italiano medio nel diffuso senso di autocommiserazione per un Paese, il nostro, che al solito non funziona. Vi veniva detto infatti che Italia e Grecia sono le più in basso nella graduatoria europea delle donne “occupate”. In sostanza ci veniva detto che più del 50% delle donne italiane e greche sono “ ancora” disoccupate...
Il senso tragico che voleva essere veicolato dalla voce fuori campo era solo paragonabile a quello del ridicolo che invece trasudava: non era nemmeno lontanamente possibile immaginarsi più della metà delle donne italiane sdraiate tutto il giorno, o vaganti nel paesaggio come atomi senza destino.
O a giocare a carte o a sgranocchiare patatine davanti alla TV.
Era evidente il “contenuto” implicito del servizio televisivo: solo chi ha un lavoro cosiddetto fuori di casa, è occupato. Anche fare la cassiera totalmente disinteressata del mondo ma perfettamente automatizzata nel battere ore e ore di scontrini, è lavorare paragonato ad una madre di famiglia che stira / lava / cucina / va a prendere i figli A scuola / fa fare i compiti / e tiene in vita un nucleo più o meno allargato di relazioni umane!
La strategia occulta di persuasione diventava infidamente evidente in tanto che non veniva citato nessun dato numerico ed economicamente valido per sostenere che se il 50% delle donne sceglie la famiglia come ambito di occupazione, questo sia un danno per qualcuno, per la società. E infatti, numeri alla mano, non lo è affatto.
Numeri alla mano l’economia sommersa che si avvale del lavoro gratuito di tante donne e mamme specialmente dedite a quell'impegno, Ideologicamente misconosciuto, della “cura”, a tutti i livelli (dai bebè agli anziani) è un potente incremento a che l’ago della bilancia volga al positivo, al segno più, in senso sociale e quindi, immediatamente dopo, economico.
Il contenuto dato per scontato e condiviso ingiustamente da chi si adatta alla “lingua disonesta“ è semplicemente che la famiglia è tempo perso. Non è un’istituzione che valga la pena. E, subito, si vedono le catene di montaggio dei bebè procreati e smistati dalle catene di montaggio del raffinato sistema operativo di Zeta la Formica.