Qualcuno che un tempo viveva in essa con me è venuto a staccare gli ultimi pezzi che gli uomini del trasloco su mia indicazione non hanno imballato e portato via come il resto. E lei, nel fare questo, è stata brutalizzata, sfregiata, irrisa.
Si, sono certa che è stata anche irrisa mentre smontavano e si incaponivano a portar via tutto il possibile ancora presente come un tutt'uno ormai con le sue pareti senza più mobile, senza più luci, senza più quadri e quadretti. Nella foga hanno rovesciato oggetti e cose, dal frigo hanno riversato un liquido. Tuttu era sporco e cosparso di polvere. Polvere pesante, greve, di quella che non puoi raggiungere sotto gli armadi a tutta parete, e ora, dopo 30 anni, ammatassata implacabilmente, più inesorabile lei di qualunque greve comò della nonna.
Una rivista, "La sposa bella”, scivolata dietro letto e boiserie, tanto tempo fa, quando l’inquilina della tale camera sognava sulle nozze ormai prossime e sul suo principe azzurro e si era, chissà?, addormentata sulle pagine patinate piena di nuvole di tulle sfuggendo svelta di tra le dita.
Un disegno, Topolino che nuota in un mare blu, frutto di un pomeriggio bloccata in letto con l’influenza. Tutto nella polvere. Tutto polvere esso stesso.
Ma io ho lavato tutto. Ho rimesso in tiro la casa dismessa.
Che stupida, pensa quello che ha senza riverenza alcuna strappato cose e lasciato in bella vista la polvere dei decenni .
Ma no.
Non è stupidaggine.
Almeno: non in questo caso.
È amore.
Il fatto che lei non è più nostra, più mia, non vuol dire stuprarla lasciandola tutta sporca e degna di nascondersi.
Ciò che si ama, non deve essere brutalizzato perché non più nostro.
Ciò che è bello, è e deve essere riconosciuto bello sempre, anche quando lo perdiamo.
Non è mai stato amato davvero quanto, perdendolo ma essendo stato nostro, non siamo in grado di lasciarlo al meglio delle sue possibilità.
Se non può più esser mio, quello che ho amato sarà perduto, ma in tutto il suo splendore. Solo in questo modo diciamo addio e non perdiamo ciò che lasciamo: perché non gli usiamo violenza spodestandolo della sua dignità, della sua verità, della sua bellezza riconoscendo di non esserne noi la misura.
Lei sarà bellissima. Quando le dirò addio. Quando sarà di un altro.
C’era un signore che un giorno regalò a sua moglie una stella.
Sì, in occasione di un suo compleanno decise, tanto era il bene che le voleva, di renderle omaggio con qualcosa di superiore ad ogni aspettativa... e trovò in Internet che vendevano stelle.
Un po’ lontane, un po’ sperse nelle galassie, tanto da non interferire con le mappe astronomiche ufficiali, un po’ irraggiungibili, ma - attestato di acquisto ufficialmente redatto alla mano - stelle in vendita.
Il regalo di una stella che non visiterai mai, che non vedrai mai, è il regalo di chi ha paura di essere felice.
E - non sembra - ma tanti abbiamo paura di essere felici. quella felicità che inseguiamo fin da bambini, ci fa poi paura.
Perché essere felici - non solo goduti del momento - richiede di essere veri.
Solo la verità libera dalla paura l’amore.
Ma... cosa è mai la Verità?
Se c’è lei non sembra possa esserci io... io infatti ho solo bisogni che si saturano dell’attimo. Il vero o non vero poco mi attraggono. Sono fatica, dolore, pensiero.
E così meglio fissare bene nel lontano Universo un punto dove accade l’amore. Dove è lecito esser felici. Dove quello che sono quaggiù può continuare a esserlo, senza che mi prenda troppo disturbo a farmi domande.
E se quello che amo, va via, come una stupida casa sequestrata, non importa che sia bella. Anzi, non deve essere bella. Tanto... non è mica una stella.