Il dolore insopportabile, la stanchezza della veglia ai piedi del letto dove si consumavano gli ultimi attimi di vita di colei a cui lui, la sua di vita doveva, portano l’esausto personaggio pirandelliano a trovare rifugio sulla seggiolina dinnanzi alla scrivanietta della figlia minore.
Scrivanietta che si trovava proprio ai piedi del letto della vecchia nonna.
Per chi fosse nato dopo la “Carta dei diritti del Bambino”: ebbene sì, le nonne spesso e volentieri vivevano, in tempi non sospetti, in casa con la famiglia dei figli sposati.
Nel frastornamento che derivava dal freddo e dal timore di quella lunga notte, accade un fatto speciale: il personaggio inquadrato in questo patetico frangente della sua vita, si ritrova in Giamaica.
Giamaica con la M tutta macchiata di inchiostro - ebbene sì, c’è stato un tempo non sospetto, sempre prima della Dichiarazione dei diritti del Bambino- in cui i bambini scrivevano con le penne col pennino e l’inchiostro -
Il nome Giamaica e qualche foglio di sussidiario è quanto basta per non essere più lì, tra quelle stranianti quattro mura ‘stupefatte di dolore’ (per parafrasare Rebora) e così, in qualche modo, passare la nottata.
Da quel momento, accortosi dell’utilità misericordevole della ‘geografia, per il nostro non c’è stato più alcun limite.
La risorsa ideale per ogni attimo di insostenibilità quotidiana, per ogni incomprensione mortificante con il prossimo - fossero moglie o figli - era stata trovata: la Geografia…
Fu così che - molto prima che il ‘viaggio’ diventasse la scusa ordinaria per soffocare la paura del tran-tran quotidiano e delle proprie responsabilità sotto le splendide ed accattivanti vesti di Poster di baglioniana memoria, ovvero quando non scelta sistematica di vita per non essere mai né di qua né di là, ma sospesi per aria, con le chiappe attaccate ad un casuale sedile di aeroplano - Pirandello aveva escogitato il rimedio.
Ne parla così: “Dopo un tempo incommensurabile, durante il quale non avevo avvertito più né la stanchezza né il freddo, né la disperazione, mi ritrovai col trattatello di geografia di mia figlia sotto gli occhi, aperto a pagina 75, sgorbiato nei margini e con una bella macchia di inchiostro cilestrino su l’emme di Giamaica.
Ero stato tutto quel tempo nell’isola di Giamaica, dove sono le montagne Azzurre, dove dal lato di tramontana le spiagge si innalzano grado a grado sino a congiungersi col dolce pendio di amene colline, la maggior parte separate le une dalle altre da vallate spaziose piene di sole, e ogni vallata ha un suo ruscello ed ogni collina la sua cascata”…
E così via sognando Giamaica…
La grande scoperta fatta quella notte era che tutto questo era vivo, vero e realmente palpitante, sia pure dall'altra parte del mondo.
Ma allora questo non poteva essere il segreto?
Il grande segreto per non soffrire più tanto ad ogni maledetta dolorosa svolta della vita?
Il grande segreto liberatorio di pensare che lo scenario meraviglioso la Terra esprime - e probabilmente, soprattutto - per il fatto di non essere qui, non per questo possa essere meno vivo - per lui, per noi - di quanto ci assilla, invece, da quest’altra parte del globo.
L’essenziale è - forse - che non sia qui.
La “certezza di una vita altrove, lontana, diversa da contrapporre, volta a volta, alla realtà presente che ci opprime; ma così, senza alcun nesso, neppure di contrasto, senza alcuna intenzione, come una cosa che è perché è, e che voi non potete fare a meno che sia”, diventa l’alternativa alla noia, al fastidio alla routine.
“E per non divagar troppo e sistemarvi in qualche modo l’immaginazione, che non abbia a stancarvisi soverchiamente, fate come ho fatto io, che a ciascuno dei miei quattro figliuoli e a mia moglie ho assegnato una parte di mondo, a cui mi metto subito a pensare, appena mi diano un fastidio o un’afflizione.
Mia moglie, per esempio, è la Lapponia. Vuole da me una cosa che io non le posso dare? Appena comincia a domandarmela, io sono già nel Golfo di Botnia, e le dico seriamente, come se nulla fosse:
- Umèa, Lùlea, Pitèa, Skelleftèa…
- Ma che dici?
- Niente cara, i fiumi della Lapponia
- E che c’entrano i fiumi della Lapponia?
- Niente cara. Non c’entrano affatto.
Ma ci sono, e né tu né io possiamo negare che in questo preciso momento sboccano là nel golfo di Botnia”.
In questo momento contingente della nostra storia, però quando, anche solo poter raggiungere un qualunque banalissimo Centro Commerciale, assume il fascino e l’attrattiva di esclusive isole caraibiche, scopriamo un segreto ancora più intrigante: o la meta sostitutiva è il Cielo, con almeno qualche dozzina di supernove, o niente.