"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Così, può saltare fuori un biglietto di auguri del Natale 1992 di don Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, o ancor più intrigante, un numero dell’Istituto Studi per la Transizione, think thank, precorritore di mille altri sorti negli anni alle più svariate latitudini, che, del pensiero del fondatore di Cl, nonché delle ambizioni e programmi costitutivi di quest’ultimo, si premurava di essere custode e sviluppatore.
ISTRA, è finito.
Don Giussani, è morto.
CL, non pervenuto.
A questo punto, a chi per anni si è dedicato ad un Ideale e oggi scorge attorno a sé la calma piatta ed inquietante del nulla, torna giocoforza il bisogno di credere che qualcosa, invece, era veramente accaduto.
Qualcosa - invece - si era detto, di ‘formidabile’, in quegli anni e in quei tanti avvicendamenti.
Ben venga allora il trasloco, nonostante la sua orrida motivazione.
Mi compiaccio di copiare dei passi di un articolo apparso su ISTRA nell’ottobre 1984.
Anni Ottanta.
Anni incredibili.
Quelli della Milano da bere.
Quelli in cui si realizzava la canzonetta del “compagno di scuola entrato in banca pure lui”, e quelli della ‘appassionante vicenda’ di “andare in Piazza Duomo”, poi sfociata nella pretenziosa stagione delle cosiddette “mani pulite”.
Anni incredibili, sì, ma mai come quelli di adesso in cui, dopo che il Parlamento italiano ha decretato che una minorenne può “purgarsi” comprando senza ricetta la pillola dei cinque giorni dopo, si assiste al più totale silenzio da parte della Chiesa ufficiale, impegnata invece a coccolare la sodomia diventata  banalmente omosessualità, divenuta a sua volta normalità, ecco che, tra uno scatolone e l’altro, ad una che ci credeva (e che ci crede) viene voglia non solo di contemplare le pagine del vecchio think thank morto e sepolto, ma anche di copiarne dei pezzi.
Per non sentirsi morta e sepolta pure lei.

“(…) L'impegno del santo Padre Giovanni Paolo II indicendo il Convegno ecclesiale “Evangelizzazione e Promozione umana” è quello di battere l’ideologia gesuitico-rahneriana di un cristianesimo anonimo che - dopo l’esito negativo del referendum sul divorzio - sembra sul punto di prevalere.
L’ideologia del cristianesimo “anonimo” puntava su di un cristianesimo in diaspora, totalmente individualistico, non visibile né riconoscibile in alcun modo nella realtà sociale, impegnato piuttosto a convivere con qualsiasi ideologia e posizione culturale. Paradossalmente questa ideologia è un rovesciamento dell’integralismo dossettiano da cui provengono quasi tutti i suoi maggiori esponenti.
Visto che le pretese politiche massimaliste dell’integralismo dossettiano non hanno potuto realizzarsi perché contraddette dalla realtà dei fatti, allora si deduce che nessuna incarnazione sociale e politica dell’ideale cristiano debba essere possibile e che tale ideale sia bene viva al di fuori della storia.
Accettando quanto Gramsci chiamava “il nuovo senso comune” che non riconosce i valori naturali “umanistici” e che costituiscono un ponte tra natura e sovranatura, si sottolinea allora la necessità del “dialogo”.
Ecco che allora si andava al "dialogo" con la cultura laica e marxista - che i contenuti propri li avevano e li affermavano spesso senza alcuna moderazione né rispetto verso le posizioni altrui - senza contenuti propri e su cui dialogare.
Il Convegno che avrebbe voluto da parte di molti escludere completamente il movimento di Comunione e Liberazione non poté farlo in maniera esplicita giacché non sarebbe stato possibile spiegare all’opinione pubblica ed ai vescovi il motivo per cui venivano invitati - ed in posizione guida - esponenti dei "cattolici del no" al referendum sul divorzio i quali avevano pubblicamente disobbedito alle indicazioni della legittima autorità della Chiesa e si escludevano, invece, quelli che avevano obbedito e pagato - tra l’altro - un caro prezzo, in termini di aggressioni fisiche e morali, per questa obbedienza.
Il problema centrale in fondo era solo quello dell’esistenza o meno di una cultura cristiana e dell'esatto significato di questa frase.
Da una serie di convegni seguiti quindi poi a questo, viene a ricrearsi una certa unità nel ondo cattolico e questo processo di ravvivamento del dialogo al suo interno contribuisce potentemente ad arginare l’influsso del marxismo tra i cattolici.
Però l’indeterminatezza del contenuto non venne mai del tutto superata.
Consapevoli che la concezione dominante è comunque quella di un magma di elementi laicisti, marxisteggianti, cattolici, nazionalisti ed altro ancora tutto questo non ricondotto mai al problema dell’unità della persona, di fatto necessariamente si assiste al trionfo di due esclusivi elementi: potere e piacere. I valori più bassi che avendo una base biologica diretta, meno hanno bisogno di essere “giustificati” e motivati culturalmente.
Il rischio del "dialogo" su queste basi è quello di condurre infine ad un depotenziamento di tutte le concezioni che vi partecipano.
Invece per l'uomo di oggi sarebbe fondamentale e necessario assumere come interlocutore principale l’uomo di oggi, deluso dai vari tentativi ideologici tesi ad unificare la sua esperienza nel nome dello Stato, della classe o del progresso, ma tuttavia disperatamente desideroso di una certezza capace di dare significato ordine e stabilità alla propria vita.
La Redemptor hominis come la Dives in misericordia, come la Laborem exercens e le diverse esortazioni apostoliche fra le quali va ricordata Familiaris consortio, indicano da parte di Giovanni Paolo II fin da subito i contenuti di una concezione culturale su cui, unica, può costruirsi un’unità dei cattolici.
Questi contenuti sono semplicemente quelli di una concezione cristiana dell’uomo.
La Chiesa che non ha programmi politici suoi, ha però un criterio etico rigoroso per giudicare i diversi programmi prodotti ed elaborati dall’uomo.
A tutti i sistemi ideologici o post-ideologici che presumono di aver trovato la chiave per realizzare la società perfetta e la “felicità” sulla terra, la Chiesa continua a ricordare che non è mai lecito sacrificare alle ragioni del sistema le ragioni ed i diritti del singolo uomo concreto, realmente esistente.
È a partire da questa domanda sulla dignità dell’uomo che la Chiesa giudica ogni sistema sociale.
Questa difesa dell'uomo che la Chiesa intraprende non implica assolutamente un umanitarismo spesso e volentieri generico in cui alla Chiesa compete il ruolo di subordinarsi alle concezioni pragmatiche della società "moderna".
La chiesa, infatti, "sa" chi è l’uomo.
Il parlare cristiano dell’uomo illumina l’esperienza storica con la fede nel Risorto, legge la creazione alla luce della redenzione e, al tempo stesso, la Redenzione alla luce della creazione.
Nel momento in cui la Chiesa afferma una concezione vera dell’uomo, la fede non può fare a meno di giudicare che nell’esistenza comune dell’umanità questa verità è in molti casi tradita.
Non si tratta certamente solo del "peccato" individuale, per cui ciascuno può venir meno alla grandezza che, pure, porta racchiusa nel fondo di sé stesso.
Ma si tratta anche proprio di determinate strutture di convivenza in cui la dignità ed il diritto vengono intesi in modo ristretto, violati o addirittura completamente conculcati.
Il referendum sull’aborto (1981) ha messo alla prova la carità di questo metodo di presenza cristiana e pastorale.
Il Papa ha preso posizione in odo netto e deciso contro l’aborto e non ha avuto paura di dire del bene che è bene e del male che è male, di discernere senza rispetto umano la verità e la menzogna.
Mentre una certa posizione cristiana vuole eliminare in radice ogni possibilità di conflitto con il mondo e con la cultura dominante (servendosi in questo senso della manipolazione della "scelta religiosa" dell’Azione cattolica), ve n’è una che accetta invece il conflitto come una necessaria evidenza e vede in esso, anzi, un'occasione di testimonianza.
L’orizzonte complessivo infine è quello della nuova evangelizzazione dell’Italia e dell’Europa, a cui, sul finire del secondo millennio, Giovanni Paolo II non cessa di richiamare”

(R. Buttiglione, in Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, Istituto ISTRA, Ed. EDIT 1984)