Per il privato cittadino qualunque, aver avuto con alcuni di essi incontri ravvicinati, lascia per sempre un discreto segno di disgusto.
Ma il disgusto maggiore, senz’altro, origina non tanto dai PM in quanto tali, ma dal ricordo di coloro che contro di essi ti hanno sbattuto.
Assieme ad una bella dose di grandi, irrecuperabili sogni.
E costoro ce li descrive bene Sciascia, quando, negli anni ’80 del Novecento era profeta. O solamente realistico analista del contemporaneo?
A FUTURA MEMORIA
(se la memoria ha un futuro)
E direi che il dato più probante e preoccupante della corruzione
italiana non tanto risieda nel fatto che si rubi nella cosa pubblica e
nella privata, quanto nel fatto che si rubi senza l'intelligenza del fare
e che persone di assoluta mediocrità si trovino al vertice di
pubbliche e private imprese. In queste persone, la mediocrità si
accompagna ad un elemento maniacale, di follia, che nel favore
della fortuna non appare se non per qualche innocuo segno, ma
che alle prime difficoltà comincia a manifestarsi e a crescere fino a
travolgerli. Si può dire di loro quel che D'Annunzio diceva di
Marinetti: che sono dei cretini con qualche lampo d'imbecillità: solo
che nel contesto in cui agiscono l'imbecillità appare - e in un certo
senso e fino a un certo punto è - fantasia. In una società bene
ordinata non sarebbero andati molto al di là della qualifica e
mansione di "impiegati d'ordine"; in una società in fermento, in
trasformazione, sarebbero stati subito emarginati - non resistendo
alla competizione con gli intelligenti - come poveri "cavalieri
d'industria; in una società non-società arrivano ai vertici e ci stanno
fin tanto che il contesto stesso che li ha prodotti non li ringoia.»
Leonardo Sciascia
(immagine: M. Carrieri - P. Carrieri)