Con queste lapidarie parole, poste in termine del suo In partibus infidelium, unitamente a quelle con cui, in Todo modo , liquidava - senza rendersene conto - la Messa Novus Ordo, ovvero quella cosiddetta ‘post-conciliare’, permessa da Paolo VI, Leonardo Sciascia - che pure pensava di collocarsi tra i migliori spiriti ‘laici e illuministicamente benpensanti’ - si dimostra profondamente intriso di fede cristiana, quella ricevuta dalla famiglia e dall’educazione di un ragazzo nato nel cuore della Sicilia nel 1921.
Quella ricevuta da moltissimi di noi, anche se nati in tempi più recenti.
Quella che i venti di un radicalismo mimetizzato da purezza evangelica, ma sostanziato di protestantesimo strisciante e ipocrita, si impegnano a mettere a tacere sotto la valanga mass-mediatica.
Sì, quella da lui conosciuta era la fede delle processioni folkloristiche e talora venate di superstizione, ma era la fede che dava la possibilità di scontrarsi con quel macigno contrapponendosi al quale, in realtà, lo stesso Sciascia aveva imparato a distinguere, per ricercarlo ovunque fosse, il bene dal male.
Peraltro, Sciascia, chiudendo il suo volumetto - scritto in difesa postuma di un quasi modernista sulle cui memorie è incentrata la narrazione. In partibus infidelium - le stesse identiche parole (‘bonario, tollerante, arguto ma confuso e confusionario’) le usa anche per indicare il capo della ‘Chiesa di fronte’, cioè Krusciov, contemporaneo di Giovanni XXIII.
Doppiamente significativa la conclusione a cui pare giungere: se prima non esisteva grande possibilità di smarcarsi dal ‘verminaio del clericalismo’ con cui bolla l’ipocrisia di una Chiesa semiparalizzata da una ragione senza gusto per l’analisi critica anche e proprio su se stessa, ecco che - mutato tutto per non mutare niente - come sintesi dalla ‘tolleranza’ e dalla ‘bonarietà’ (l’insulsa espressione ‘papa buono’ per Giovanni XXIII, supinamente accettata dai fedeli) emerge soprattutto l’esser confuso, nonché confusionario.
In entrambe le Chiese, per non far torto a nessuno.
A distanza di tanti anni, al netto del sangue e delle sofferenze che una di queste, precisamente la Chiesa dei Soviet, ha arrecato all’umanità intera, possiamo proprio convenire che la confusione prodotta da entrambe è stata veramente tanta.
Una guardava all’altra.
Per ripulirsi la coscienza sentita come imbarazzante davanti alle magnifiche sorti e progressive della ‘modernità’, una; per appropriarsi della missione redentiva dell’umanità l’altra.
In mezzo, tutti noi.
Ed il mondo che, in realtà, filava dritto sui binari della desacralizzazione spacciata per Progresso, al solo scopo di ridurre persone e cose a strumento della volontà di pochi.
Quella che aveva timore di non essere all’altezza dei tempi, e guardava convinta di dover imparare dall’altra, ‘scientificamente’ attrezzata per compiere la vera salvezza, ha, probabilmente, le colpe maggiori.
E lo diciamo pur tenendo conto che il Male esiste, e sempre lotta contro il Bene, ma realisticamente consapevoli che la Chiesa avrà sempre da lottare per affermare ciò di cui è depositaria: la Verità.
Detto questo mi fa piacere copiare per intero il passo di Todo modo dove Sciascia, inconsapevolmente, descrive il senso del ridicolo in cui la Chiesa di Dio ha scelto di calarsi da quando ha cominciato a vergognarsi di essere ‘Roccia’ per essere ‘compagna di strada’.
In tempi di sedicenti Traditiones custodes, lo trovo estremamente consolante.
“Quell’immobile macigno cui mi ero, nemico, affilato per anni; quel macigno di superstizioni e paure, di intolleranza, di latino: eccolo friabile e povero come la zolla più povera.
Ricordavo ancora (a dieci anni avevo servito messa) certi passi della messa in latino: e li confrontavo all’italiano cui erano stati ridotti; propriamente ridotti, anche nel senso di quando si dice com’è ridotto il tale.
“L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”:
Che insulsa dicitura, da far pensare a quegli esseri insulsi che a tavola allungano il vino con l’acqua.
“Deus, qui humanae substantiae dignitatem condidisti, et mirabilius reformasti: da nobis per huius acquae et vini mysterium, ejus divinitatis esse consortes, qui humanitas nostrae fieri dignatus est particeps, Jesus Christus Filius tuus Dominus noster: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spirictus Snctus Deus: per omnia saecula saeculorum”. mirabiliter
“Dio, che in modo mirabile edificasti la dignità dell’umana sostanza/natura, e, ancor più mirabilmente la ricreasti: donaci, per mezzo del mistero di questa acqua e questo vino, di diventare consorti della divinità di Colui che ha voluto partecipare la nostra umanità, Gesù Cristo tuo Figlio e Signore nostro: il quale vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo Dio: per tutti i secoli dei secoli”
Dov’era ormai il senso di queste parole e, al di qua o al di là del senso, il mistero”?
Sciascia, Todo modo, 1974
FOTOGRAFIE
Sarà perché le ore di luce diminuiscono vistosamente e mi sale la malinconia, sarà perché mi stupisce scoprire che qualche centinaio di persone ha fatto clic su questo sito, così poco attraente tranne per chi lo scrive - per la quale la spinta nasce, oltre che dalla riflessione sul bello e il vero che esistono di loro, dalla necessità di conservare memorie di processi, ingiustizie e dolori che ancora - forse per sempre su questa terra - aspettano un po’ di risarcimento.
Sarà per tutto quello che volete, ma volevo chiedere a chi, anche questa settimana , tornerà a visitare questa home page: volete mandarmi una foto della vostra estate?
Senza visi o persone riconoscibili, ovviamente.
Ma un ricordo, un pezzo di cielo, un angolo di mare , una piccola fetta di monti… Qualcosa che mi dia la sensazione che i 450 del mese di agosto, mese in cui non ho peraltro scritto nulla, come i non pochi affatto registrati lungo tutto l’ultimo anno, esistano davvero.
E intendano non solo curiosare tra le mie righe, ma anche regalarmi un po’ di allegria
Grazie