A lato di interi stores e shops totalmente privi di qualunque segno, per quanto minimo, riferibile al Natale, altri, con le loro vetrine ridondanti di richiami smaccatamente ripresi da Disneyland o da una Las Vegas qualunque, rimandano ad una qualche luminescente esaltazione senza significato particolare e, così, tragicamente, parlano solo di cattivo, cattivissimo gusto.
Sarà per questo senso di vuoto che le vie e le grandi vetrate alla moda in questo Natale lasciano in cuore, che ho potuto rivalutare, quella piccola cartoleria un po’ datata e fuori dalle rotte principali di chi va a caccia di gadgets.
Addentrandomi dietro il banco di legno, della vecchia cartoleria di una volta, alla ricerca di una semplice carta colorata in cui fasciare l’orsacchiotto di mia nipotina (sì, io regalo ancora orsetti ai bambini), mi sono trovata in un mondo meraviglioso: tutto fatto di fogli decorati nelle maniere più speciali nella loro semplicità, rocchetti di nastri per sigillare i pacchetti regalo di tutti i generi, dalla seta alla rafia, biglietti e bigliettini per gli auguri di tutte le forme e i generi, pensieri e pensierini in mille fogge delicate, candele e candeline. Ma tutto rigorosamente nello ‘spirito del Natale’. Quello di una volta, intendo. Non di quello che, capitando di notte la nascita del Redentore, prova a infilarci anche streghe e folletti, come veduto nelle librerie trendy per bambini.
Così, avendo - con un tuffo all’indietro - riprovato tutta la magia della mia infanzia, quando - con poche cose semplici - si preparavano i pacchetti, non potevo tuttavia evitare di riflettere - confezionando i miei doni - a come la nostra vita assomigli - ma non per questo valga meno la pena di essere vissuta - a queste carte fruscianti dai colori smaglianti, o a questi fili dorati, i quali, arricciolati con cura due giorni prima, due giorni dopo, assolta la loro funzione, giaceranno strappati e anche calpestati sul pavimento di qualche casa, sotto ad un impassibile , ed anche lui altamente provvisorio, Albero di Natale.
Per tutta questa serie di motivi non disneyani di pensare al Natale, ho deciso che quest’anno celebrerò il Natale di tanto tempo fa.
Il mio di quando ero piccola, ma - poiché lo sa esprimere meglio di me - quello di un poeta, il quale , a sua volta - penso sia proprio la tipicità del Natale - non può non rivedere quello della sua infanzia.
In ogni caso, augurando a tutti di riscoprire la propria “lunga tavola dei desideri esauditi”
BUON NATALE
“Ecco qua, cara mamma, sempre eguale, fedele di anno in anno, il saluto della nostra ora delle sei, l’ora in cui è nato Cristo.
Possa esso trovarti nella profonda, gioiosa interiorità in cui da sempre abbiamo celebrato questo istante che merita di essere il più fiducioso dell’anno.
L’ora in cui nasce il Salvatore!
Io sento che ti immergi profondamente nel prodigio tanto spesso vissuto e presagito e percepisci, nell’infinita ascosità della sua contemplazione, la pura intangibilità del nostro cuore ed il modo in cui, questo cuore - se solo abbiamo la forza di tenerlo ogni tanto alla luce, in mezzo alla luce - è rafforzato e reso invulnerabile contro tutti gli attacchi della miseria e dell’abbandono.
Mi commuove ogni anno di più come tu, cara mamma, sia riuscita, con un corpo tanto aggredito e sofferente, a conservare un cuore forte e costante contro le circostanze più difficili e corrosive; quanti al tuo posto si sarebbero disperati, mentre tu, a ben pensarci, nella tua incessante battaglia ti sei fatta sempre più forte, tangibilmente più lieta e, a te - malgrado la vita ti volgesse sempre i suoi lati più foschi-affluivano sempre, senza posa, dalle riserve interiori della tua esistenza, una letizia ed un’adesione che non si possono spiegare con i mezzi dell’intelletto umano e che sempre rimarranno inspiegate e prodigiose.
Ma oggi è la sera giusta per parlare di prodigi, di fronte al prodigio del santo Presepio, da cui a te, poiché mai cessasti - in qualunque circostanza- di venerarlo e adorarlo, è affluita questa pienezza!
Allora, cara mamma, ritroviamoci assieme anche oggi - come ormai da decenni, ovunque io sia - proprio come nella primissima infanzia, stupiti e gioiosi davanti a questo santo mistero.
Com’era bravo il papà a preparare la stanza dei doni in modo tale che a noi bambini balzasse il cuore nel petto già all’aprire la porta , quasi nel timore di venire sopraffatti da un’ondata di desideri esauditi.
Ma più possente ancora, man mano che questo cuore di bimbo fioriva e si accresceva, e quanto ancora oggi per il più adulto dei cuori, rimane questa prodiga onda che colma tutte le sue aspettative, benché essa non sgorghi più impetuosa dalla stanza allestita in gran segreto e aperta all’improvviso, non più dal tavolo stracolmo di doni, ma dal semplicissimo posticino in cui accendiamo la luce natalizia.
La manifestazione del soave prodigio ha potuto farsi più piccola, più scarna, perché abbiamo imparato a percepire al minimo segno della sua presenza tutto lo splendore in noi, nel nostro spirito festoso ed ordinato.
L’apertura dei pacchetti, là fuori, dispone solo di un tavolinetto, ma la lunga tavola dei desideri esauditi si trova adesso nel nostro cuore, circondata da uno splendore che supera persino il ricordo del più bell’albero di Natale della nostra infanzia.
Se in mezzo a questo nostro, silenzioso esser colmi di doni, dove tutto sembra essere esaudito e soddisfatto, potessi esprimere un desiderio mio, questo sarebbe, cara mamma, che le circostanze finalmente permettessero a te di celebrare il prossimo Natale in quella casetta davvero tua che da tanto desideri e che, se, come spero - dalla vendita della casa riuscirà - si potrà finalmente da qualche parte realizzare!
In questa fiducia, cara mamma, accetta sotto le luci natalizie, l’affettuoso abbraccio del tuo vecchio figliolo che in questa stessa ora ti ricorda solennemente”.
Rainer Maria Rilke, Natale 1922, Lettere di Natale alla madre
(immagine: Viggo Johansen "Silent Night" 1891)