"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Sachs afferma che “le parole pronunciate da JFK all’American University di New York, il 10 Giugno 1963, contribuirono direttamente al trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari, firmato di lì a poco da USA e Urss, nel Luglio del 1963.
Kennedy, in quel discorso, affermava a chiare lettere che la pace ‘è lo scopo razionale di ogni uomo razionale’, ma riconosce anche che la sua costruzione non è un esercizio facile: “Mi rendo conto che il perseguimento della pace - sono sue parole - non è clamoroso quanto la ricerca della guerra, e spesso le parole di chi vi si dedica, purtroppo, non vengono ascoltate. Tuttavia, nessun compito è più urgente di questo”.
È facile - secondo il ragionamento di Kennedy - cadere nella trappola di addossare tutta la colpa di un conflitto soltanto agli altri, di insistere sul fatto che sia solo l’avversario a dover cambiare atteggiamento e comportamento.
Su questo l’allora presidente americano è molto chiaro: “Credo sia necessario riesaminare il nostro stesso modo di pensare, come singoli e come nazione, poiché l’approccio che noi adottiamo è essenziale quanto quello della nostra controparte”.
Kennedy - forse perché cattolico, non solo di nome - odiava quel pessimismo che porta a considerare la “guerra come inevitabile e l’umanità come condannata alla mercé di forze che noi non possiamo controllare”.
Nel ’63 diceva: “I nostri problemi sono provocati dall’uomo ed è quindi l’uomo che può risolverli. Nessuno dei problemi legati al destino umano è al di là degli esseri umani”.
E ancora: “Non dobbiamo avere una visione contorta e disperata della controparte. Non dobbiamo considerare il conflitto come inevitabile, la possibilità di accordo come impossibile e la comunicazione come un mero scambio di minacce”.
Anzi Kennedy affermava nel suo discorso “di stimare profondamente il popolo russo per i suoi numerosi successi nella scienza e nello spazio, nella crescita economica ed industriale, nella cultura e negli atti di coraggio”.
Kennedy era consapevole dell’importanza della comunicazione diretta tra avversari, tanto che sosteneva che “la pace richiede una maggior comprensione tra noi e i sovietici, e per raggiungere una maggior comprensione, sono necessari più contatti e più comunicazione. Un passo in questa direzione è la proposta che faccio mia di installare una linea diretta tra Mosca e Washington, per evitare ad ognuna delle due parti quei pericolosi ritardi, equivoci ed interpretazioni errate uno delle azioni dell’altro che potrebbero avverarsi in momenti di crisi”.
È sconvolgente rilevare come, nell’attuale crisi ucraina, Biden si è comportato esattamente all’opposto rispetto a JFK.
Biden ha personalmente denigrato più volte il presidente russo Putin; inoltre la sua amministrazione ha sostenuto apertamente che l’obiettivo degli USA nel conflitto è l’indebolimento della Russia.
Ha accuratamente evitato ogni comunicazione con Putin: dal Febbraio ’22, a quanto pare, non si sono parlati nemmeno una volta e al G20 di Bali dello scorso anno Biden ha rifiutato un incontro bilaterale con Putin.
Biden si è sistematicamente rifiutato di riconoscere - tantomeno di affrontare - le profonde preoccupazioni, più che legittime, della Russia in materia di sicurezza quando Putin si oppone all’allargamento della Nato in Ucraina con la quale la Russia ha un confine lungo ben 2000 Km.
Gli USA non tollererebbero mai, in realtà, un’alleanza militare del Messico con Russia o Cina, visto il confine di 2000 miglia che li separa.
Già nel suo discorso di insediamento alla Casa Bianca Kennedy aveva manifestato una chiara posizione sui negoziati: "Se non dobbiamo mai negoziare per paura, non dobbiamo mai avere paura di negoziare: insistiamo sui problemi che ci uniscono anziché su quelli che ci dividono".
Due anni dopo JFK ricordava che ciò che unisce comunque Stati Uniti e Urss è - ‘banalmente’ (nota mia) - che “tutti viviamo su questo piccolo pianeta, respiriamo tutti la stessa a ria, tutti abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli. E tutti siamo mortali”
A lui, forse proprio per la rettitudine delle cose in cui credeva, si sono incaricati di farlo scoprire quasi subito a Dallas.