Mi sono affrettata a comunicargli che, se pure questo sia un grande riconoscimento nei miei confronti, la cosa a cui - come madre - terrei di più sarebbe che l’amore per i libri - come lo è stato per me, lungo tutta la mia vita- non significhi semplicemente una ‘passione’ per distrarsi o trascorrere il tempo - quasi che sia sempre e comunque un bene il fatto di leggere - bensì rifletta desiderio di cercare la verità.
I libri, a questo hanno sempre servito, e a questo sempre dovrebbero servire.
Ed è qui che posso spiegare perché mai abbia ritenuto di mettere questo incipit a quanto segue.
È proprio a causa dello spreco di televisione e notiziari nord-coreani, (nonché di oscuramento dell’unica cosa che ritengo degna di essere vista sulle reti Mediaset, cioè la Signora in giallo) causa morte di B., per dar spazio a stomachevoli rievocazioni e lacrime di plastica, che mi ritrovo a pensare a quanto importante sia aver insegnato a leggere, ad amare i libri.
Il fenomeno berlusconiano, pompato ad arte dall’attuale presidente del Consiglio, per sperare machiavellicamente di spingere i poveri orfani disastrati e disorientati a crederne lei l’erede diretta, se un cambiamento epocale ha rappresentato, è stato quello - già conosciuto prima dell’invenzione della carta stampata - di indicare l’importanza dell’immagine e usare questa per ridurre all’insignificanza la parola.
La parola non ha minimamente la forza di catturare immediata delle immagini.
Questo è evidente.
Il sommovimento di pensiero ed emozione che qualifica l’immagine, non permette al primo di misurare la seconda in maniera adeguata.
Baget Bozzo diceva nel ’90: "Mai come oggi possiamo valutare i rischi che la caduta della parola innanzi alla semplice visione fa pesare sulla libertà dei singoli.
Può apparire un trionfo generale della ‘pace’, perché - finalmente - tutti si ritrovano fratelli, visto che, nel mondo dell’immagine, nessun conflitto di parole è più possibile.
Nessun pensiero fa più notizia, in quanto pensiero. Al massimo può diventare una moda. La potenza dell’effimero sconsiglia qualunque gesto umano che voglia durare oltre il giorno.
Se per un attimo ci fermassimo a pensare allo spegnersi improvviso dello splendore dei media, cosa rimarrebbe di questa orgia di luci e colori”?
E, infatti, la poca cosa che è stata B. come persona, ha richiesto tre giorni ininterrotti di martellamento visivo e auditivo sulle reti unificate - purtroppo anche con le pubbliche - e di rinvii a qualcosa di celestiale e immaginifico che, riferito a lui, che lui stesso, che pure lo era al massimo grado, avrebbe trovato triviale e kitsch.
I libri, quindi, e soprattutto l’amore alla parola, la non resa incondizionata all’immagine - orchestrata ad arte da professionisti del settore - è, forse, ancor all’unica speranza per noi e per i nostri figli.
Non possiamo, però, addossare tutte le colpe di aver cavalcato il basso livello mentale umano attorno a lui, al principale furbo che ne ha fatto un business.
Occorre sempre prendere le cose da lontano.
E il ‘lontano’, qui, risale ad almeno duecento anni, dal momento, cioè, in cui la guerra contro la cultura ‘elargita’ dalla Chiesa e ‘dai preti’, è stata messa nel mirino da determinati detrattori, falsamente engagés, impegnati per la ‘liberazione’ ed emancipazione del popolo, in realtà, piuttosto engagés a distruggere questa capacità di parola, di parola con un contenuto, e, quindi, di giudizio.
Da quando in nome del ‘diritto’ allo studio e alla ‘riuscita’, sempre e comunque, di tutti a strappare il tanto vituperato ‘pezzo di carta’, si è espressamente ridotto ogni corrispondente diritto a imparare (vedi le acute critiche al ‘metodo’ di Barbiana fatte dalla prof. Mastrocola a Don Milani, e al donmilanesismo in genere, tanto per non parlare che di alcuni tormentoni, tornati oggi di moda).
Imparare, anche e soprattutto leggendo, è infatti fatica, e, per di più, leggere non stimola emozioni immediate come l’immagine.
Ma stimolare con le immagini, è spinta sostanziale a non pensare, non pensare è finire ad amare Berlusconi e quelli come lui.
Ricordo che, avendo mia figlia maggiore all’asilo con il figlio del fratello di B., Paolo, e accompagnando la bambina invitata ad un compleanno del pargolo del ramo cadetto, rimasi sconvolta del continuo pedinamento che, sia del bambino, sia degli invitati, veniva fatto da un cameraman vero e proprio, con tanto di attrezzatura altamente professionale, e come la famiglia del festeggiato si muovesse, invece, a suo perfetto agio con questo inciampo continuo tra i piedi. Ricordo la strafottenza con cui il festeggiato cinquenne aggredì verbalmente un povero vecchietto travestito da mago, che si stava dannando a produrre magie per divertire lui e i suoi altrettanto demoniaci amichetti.
Il mago - vecchietto, al primo agitare di bacchetta, fu travolto da un coro di: “Ma via via… si vede che c’è il trucco! Non è vero niente di quello che fai”!!
Naturalmente il trucco non poteva non esserci: che caspita! altrimenti, quello lì, sarebbe stato Gesù Cristo!
Ma la cosa avvilente era l’assoluta terrestrità di questo bambino e dei suoi compagnetti, refrattari totali all’ipotesi di potersi stupire, anche solo cinque minuti, come intanto - lo ammetto - stava accadendo a me!
Ero io che battevo forte le mani, perché quello che vedevo era veramente affascinante e perché il mago vecchietto stava faticando per noi.
Arrivato il dolce con le candeline, altra carrellata di riprese televisive, mentre la musica andava a tutto spiano… Ma… non era il suono di un “Happy Birthday” qualunque, bensì di “Happy Days” rilanciato a tutto spiano da altoparlanti da discoteca. Dimenticavo di dire che, appunto, i cinque anni del festeggiato li stavamo celebrando - sia pur di giorno - in una …discoteca.
Una famiglia, quella del piccolo, sempre in scena, ma come forma di vita, senza nessuna soluzione di continuità tra la quotidianità e il tubo catodico: questa era l’impressione generale.
Pensando a queste cose, mi spiego come B. e il suo non-mondo mediatico, possa aver trovato, un terreno di coltura così favorevole tra i ciellini nel mitico 1994.
L’anno della ‘discesa in campo’.
Al solo sentir dire dai cosiddetti ‘capi’ di questo movimento, mentre si stava tranquillamente seduti a tavola, che si potesse aderire e votare qualcosa partorito da B., io narrai la storia di poco sopra con l’aggiunta di quanto la maestra d’asilo, dove appunto mia figlia era allieva assieme al nipote di B, mi aveva riferito, semisconvolta.
E cioè che le mamme dei bambini di quella Scuola Materna - quasi tutte inquiline di Milano2 - videoregistravano DRIVE IN, che andava in onda la sera, per farlo vedere ai figli (ricordo che parliamo di bambini di tre, quattro e cinque anni) il pomeriggio, quando tornavano da scuola.
Ma lo sconvolgimento per lei fu sommo - pensiamo un attimo, per inciso, l’abbigliamento con cui erano vestite (meglio, s-vestite) le ballerine del Drive in - quando - appunto ben educato dall’offerta di tanta premura genitoriale - uno di questi bambini si rivolse con la massima spontaneità ad un ‘amichetta, imponendole: “Tira fuori le tettine che le voglio succhiare”!
Tutto questo accadeva nel 1987.
I capi di ‘CL’ mi redarguirono all’istante per aver osato anche solo pensare, esprimendo i miei dubbi sul basso livello con cui saremmo andati ad inciuciarci, che la loro alzata d’ingegno, quella cioè di renderci tutti truppe cammellate al soldo (soldi presi solo da loro, da noi cammelli no) di B. potesse essere contraddetta.
Dimenticavo di dire che, anche costoro, appunto leggevano molto poco, e solo se costretti. Anzi, si vantavano di aver passato persino gli esami universitari leggendo solo l’indice dei libri di testo richiesti.
La parola, soprattutto quella scritta e da umilmente studiare per rifletterci su, già allora, a prescindere dalle televisioni private, era considerata un gingillo per quei ritardati che avevano tempo da perdere.
La subcultura non l’ha creata B., la subcultura era già tra noi, perfino in Università a cui tutti si impegnavano però - pur disprezzandone gli input profondi - di strappare il loro tanto preteso quanto svalutato pezzo di carta.
E pensare che - stando alle parole che non si è peritato di riferire in TV - il povero Marco Palmisano, poco tempo fa morto suicida, allora memores e distaccato come lacchè di Confalonieri, quando riferì l’intenzione di B. di candidarsi, tutti al Consiglio di Presidenza di CL risero sonoramente.
Risero per l’assurdità della cosa in sé, ma, smesso di ridere, credettero di essere così furbi da usarlo, B.
Perché - secondo le parole registrate del fu Presidente della Regione Lombardia - personaggio ormai spiaccicato da anni sotto le sue alzate di ingegno, B. “non capiva niente di politica” e ‘loro’ (i suddetti geni che guidavano, col consenso totale di Giussani, CL in quel periodo), avrebbero saputo usarlo per fare i ’nostri’ interessi.
Quali, non mi è ancora stato dato di capire.
Tranne qualche vacanza e cena tutta pagata. Infatti, lo stile subculturale di colui che essi avrebbero saputo utilizzare a ben più alti fini, divenne lo stile performante di tutti loro.
IL Kitsch trionfava ovunque.
Non dimenticherò mai con quanta consapevolezza e lucidità di una persona che aveva la sponsorizzazione totale di Giussani - come sacerdote che c’entrava lui??? - un giorno mi disse: “Certo, B. ha solo paura che lo arrestino, per questo si mette in politica”.
D’altro canto, è lui stesso, B., a dichiarare in quell’anno 1994 a Biagi e Montanelli che l’amico dell’Utri lo spinge ad entrare in politica: "Se non lo faccio, mi arrestano e fallisco per debiti”.
Subito dopo, chiaramente, la prima mossa sarà cacciare Indro Montanelli dal Giornale, da lui fondato vent’anni prima: troppo libero ed indipendente per essere ancora supportato. La prima epurazione di una lunga serie.
E qui ci addentriamo nel caos della stagione di Mani Pulite e di tante tragedie a cui non ritengo di far cenno, tranne quella per cui - una volta eletto con tutta questa corte dei Miracoli che riuscirà a tirarsi dietro (il ‘Polo delle Libertà), dichiarandosi perfino convinto difensore di Di Pietro &co., partiranno le leggi ad personam di cui possiamo contarne circa 60.
Iscritto alla loggia P2 dal 1978, ottenendo pertanto prestiti dalle banche - in particolare il solito Montepaschi - non ha mai avuto reali antagonisti nelle istituzioni se non quelli che potevano ficcare il naso nelle questioni finanziarie. Là dove non poteva comperarli (Guardia di Finanza in primis) trovava appoggio in quella solidarietà trasversale che attraversa qualunque schieramento e che solo perché fondata su una ‘Fratellanza’ altra può portarci a spiegare come - dal D’Alema che gli affida la presidenza in Bicamerale, a Veltroni, a Prodi - nessuno lo ostacolerà nelle sue mire di oligopolio mediatico.
Nel 2001 infatti B. risorge: resuscitato dal centrosinistra che non ha mai voluto risolvere il suo conflitto di interessi, gli ha lasciato tutte le TV e i giornali, ha fatto proprie gran parte delle sue parole d’ordine.
Tornato al Governo con un Contratto con gli Italiani, alla presenza di un notaio tutto speciale, Vespa, subito dopo si impegna a starsene zitto cinque anni di seguito, “Perché io sono un presidente del fare, le chiacchiere le lascio agli altri, ai professionisti della politica!”.
Per concludere questo breve viaggio nell'impossibile, ma vero’ della nostra vita di italiani, piace concludere con la “Breve antologia dei suoi detti (e contraddetti)” come ce la fornisce Travaglio.
- Non fonderò mai un partito.
- Scendo in campo per un nuovo miracolo italiano
- Un milione di nuovi posti di lavoro.
- Alla Rai non sposterò neanche una pianta
- Non capisco perché a San Siro debbano entrare anche i tifosi delle altre squadre, togliendo il posto ai nostri: San Siro deve diventare rossonero
- I poveri sono persone diseducate al benessere
- Mai avuto a che fare con Craxi
- Io sono l’Unto del Signore
- Non ho mai detto di essere l’Unto del Signore
- Il mio governo è schierato con l’opera di moralizzazione della vita pubblica intrapresa da valenti magistrati
- Mussolini non ha mai ucciso nessuno, mandava gli oppositori in vacanza nelle isole
- Le mie aziende non hanno mai corrotto nessuno
- Giuro sulla testa dei miei figli
- Ho dato mandato irrevocabile di vendere le mie Tv (era il 1995…)
- In questo luogo passò Enea in fuga con il padre Anchise e diede il via alla dinastia da cui nacquero Romolo e Remolo
- Paolo di tarso era un grande filosofo greco
- Il Papa è un uomo straordinario: ogni suo viaggio è come un go; ha la stessa idea vincente del mio Milan, che poi è l’idea di Dio: la vittoria del Bene sul Male.
- Arafat mi ha chiesto di dargli una TV per la Striscia di Gaza, gli manderò Striscia la Notizia
- Vorrei ricordare l’attacco del comunismo alle Due Torri
- Ormai in Iraq c’è una vita regolare; poi, certo, ci sono cose che non funzionano: ad esempio a Baghdad i semafori non funzionano
- Montanelli e Biagi erano gelosi di me
- Anche io ho scritto le Tavole della Legge, come Napoleone e Giustiniano
- Mosè in definitiva era solo un passatavole
- Mai sentito parlare di All Iberian: vi pare che col mio senso estetico chiamerei una mia società con quel nome?
- Se perdo le elezioni, lascio la politica
- La nostra Costituzione è di stampo sovietico
- Siamo il partito dell’amore contro il partito dell’odio. Non ho mai insultato nessuno
- Coglione! Faccia da stronza! Stalinisti! Ladri! Golpisti! Fascisti! Vaffanculo! I giudici sono matti, mentalmente disturbati, antropologicamente diversi dal resto della razza umana
- Non ho mai attaccato la magistratura, anzi ne ho il massimo rispetto
- Chi mente agli elettori dovrebbe dimettersi subito
Questo vorrei ripeterlo e sottolinearlo pure:
CHI MENTE AGLI ELETTORI DOVREBBE DIMETTERSI SUBITO.
Proprio come non ha fatto lui.