La Grande Stoltezza
(ovvero dell’Emergenza Educativa)
Ecco la grande stoltezza: i figli sono tenuti in minor conto degli schiavi.
Infatti, se non proprio per amor loro, certo per nostro interesse, i servi li correggiamo.
I figli, invece, non godono di tale nostra attenzione e, così, sono da noi considerati meno dei servi.
Ma che dico dei servi?
Curiamo i figli meno delle nostre stesse bestie.
Siamo più solleciti degli asini e die cavalli che dei figli.
Se qualcuno possiede molto si dà un gran daffare per procurare agli animali lo stalliere migliore, non uno cattivo, ladro, ubriacone ed inesperto del suo mestiere; se invece c’è da dare un pedagogo al figlio, lo prendiamo a caso, il primo che capita, senza scegliere, sebbene nessuna arte sia più importante di questa.
Che cosa infatti si può paragonare ad un'arte che si dedica a dirigere le anime e a formare la mente e il carattere di un giovane?
Colui che possiede attitudine a questo compito deve dedicarvisi con maggior diligenza di qualsiasi pittore o scultore.
Invece noi non ce ne curiamo e miriamo soltanto ad una cosa: he impari a parlare.
E ce ne occupiamo al solo scopo di accumulare ricchezze.
Infatti egli impara la lingua non per essere abile a parlare, ma per fare denaro; sicché se si potesse far soldi senza essere capaci di parlare, non cureremmo affatto questa disciplina.
(dalle Omelie su Matteo di san Giovanni Crisòstomo, vescovo)